PONTI E ATTRAVERSAMENTI

ELENA DELL’ANDREA E ROCCO SCIAUDONE

ATTI

Trascrizione integrale della conferenza a cura di Elena Dell’Andrea. Durata 1 h 20’.

MACRO Asilo  Via Nizza, 138 - Roma

Domenica 8 Settembre 2019, ore 16.00 - 18.00

GIANPAOLO BERTO Decano dell'Accademia di Belle Arti di Roma

MARCO BUSSAGLI  Storico dell'Arte

ANTONELLA CAPPUCCIO Artista                      

ELENA DELL'ANDREA Artista

GERARDO LO RUSSO Direttore Accademia di Belle Arti Villa dei Romani

FRANCESCO RUGGIERO Curatore Direttore Artistico

ROCCO SCIAUDONE  Artista

Trascrizione integrale della conferenza.  

F. Ruggiero:

«Buonasera a tutti, bene. Ringraziamo per la partecipazione e diamo il via a questo primo appuntamento sul tema molto attuale, soprattutto caro al gruppo di lavoro che stiamo mettendo in piedi e a cui chiediamo agli artisti del mondo dell'arte in generale […] (di partecipare, ndr), che è quello dei Ponti e Attraversamenti.

Diamo alcune comunicazioni di servizio. Gianpaolo Berto già Decano dell'Accademia di Belle Arti non potrà venire perché, purtroppo notizia di ieri, è stato ricoverato all'ospedale di Padova. Gli facciamo tanti auguri per risolvere questo problema che ha da diverso tempo. La notizia, invece diciamo più positiva, è che è arrivata una comunicazione da parte del Cardinale, oggi Cardinale, Matteo Maria Zuppi, di solidarietà per questa iniziativa, che sarà presente ai prossimi appuntamenti. Non può venire perché è, come dire, occupato a risolvere, degli incarichi clerico-istituzionali.

Presento i relatori: alla mia destra c'è il professor Marco Bussagli, a fianco l'artista Antonella Cappuccio, poi Gerardo Lo Russo, già direttore dell'Accademia di Belle Arti di Roma, Elena Dell’Andrea e Rocco Sciaudone.

Prima di dare la parola a Marco Bussagli, volevo fare una semplice considerazione sul senso che vogliamo dare, quasi uno slogan, a questo primo appuntamento a cui, ripeto, che darà seguito ad altre iniziative, ad altri appuntamenti tra cui anche una mostra dei due artisti, che sono tra i promotori di questa iniziativa e cioè Elena Dell'Andrea e Rocco Sciaudone.

La considerazione è questa: la prima forma di Ponte e di AttraversaMento è lo sguardo tra due persone, che è uno sguardo tra due anime. Detto questo passo la parola al professor Marco Bussagli».

 

M. Bussagli:

«Grazie. Prima di tutto ben trovati. Buona serata a tutti. Io sono felicissimo di essere stato invitato da Francesco a questa occasione e potrei dire finendo che lui ha già detto tutto, perché quando uno dice che c'è lo sguardo fra due persone, praticamente ha riassunto in maniera totalizzante quello che è il significato, non solo della mostra, ma se permettete anche il significato dell'esistenza, perché lo scambio fra persone è alla base, appunto, della crescita dell'umanità. Solo che, detto così sarebbe un pochino riduttivo, nel senso che in questa cornice noi dobbiamo collocare la condizione artistica, che non è per niente estranea a questo, non è assolutamente conseguente a questa necessità di comunicare e di scambiare, perché l'arte nasce proprio per questo motivo, nasce per dire in altro modo quello. L'arte figurativa, nel senso di iconica, ormai normalmente quindi, utilizzando immagini piuttosto che parole, a volte serve a dire cose che con le parole non si possono dire, se non a fronte di pagine scritte, filosofiche, eccetera. E nel caso di Elena Dell'Andrea e Rocco Sciaudone devo dire che, nella piccola presentazione che ho scritto, ci sono due aspetti complementari di questa impostazione di comunicazione.

Quello di Rocco Sciaudone è molto vicino alla mia sensibilità, perché io in Accademia di Belle Arti di Roma insegno Anatomia Artistica e mi sono molto occupato del linguaggio del corpo e delle problematiche legate appunto a quello che è il corpo come segno, il corpo come messaggio, e le opere di Sciaudone, che vanno per esempio dai piedi neri, fino alle mani, fino a Paranza, dove ci sono appunto segmenti, nel senso più bello del termine, del corpo umano, che sono enfatizzati dall’operazione artistica che Sciaudone fa, non fanno altro che, appunto, comunicare questo. Quando noi ci presentiamo a un altro non c'è bisogno di parlare, o meglio prima di parlare noi abbiamo già comunicato noi stessi. Non lo invento io questo discorso, ma lo faceva già Erwin Panofsky quando teorizzava appunto dell'iconologia. Faceva questo esempio bellissimo, che vi riporto. E cioè diceva, quando due persone si incontrano e quello si toglie il cappello per salutare, un signore incontra una signora, quindi fai il gesto di togliersi il cappello, in quel semplice togliersi il cappello comunica tutto se stesso, perché nessuno se lo può togliere in maniera uguale, cioè viene fuori la personalità di ciascuno in qualsiasi piccolo gesto, ma anche in qualsiasi semplice presentazione di se stessi, come uno si veste, come uno si pone, come uno si presenta. E sostanzialmente sulla base, diciamo così, fisiologica e anatomica del corpo umano, poi gli uomini hanno costruito ulteriori forme di comunicazione, che servono a specificare e ancor meglio la personalità. Si va dalla scelta dei colori, all'impiego di determinati aspetti piuttosto che altri. Pensate, per esempio, a tutta la problematica legata alle leggi suntuarie, come ci si deve vestire, come, perché, quando. E sono tutte cose che servono ad aumentare la forma di comunicazione, che non è altro che un sottolineare il fatto che ciascuno di noi, quando si presenta, comunica e quindi, siccome l'arte poi si pone in questi termini, l’opera di Sciaudone è assolutamente all'interno di questa cornice ed è naturalmente un'interpretazione contemporanea di questa cornice.

Quella di Elena Dell’Andrea, invece, non è una cosa distante, è la conseguenza di questo. Perché l'uomo, che è un animale complesso, diciamo così, ha creato nell'ambito della natura degli ambienti che sono particolari, che si chiamano per l'appunto ambienti antropici e sono sostanzialmente le città. La città è la proiezione di questa comunicazione e, infatti, Elena Dell’Andrea, in una serie di opere, che propone in questo percorso, lei è di Venezia, e quindi, in qualche maniera, è anche privilegiata in questo senso, perché Venezia, non devo spiegarlo io, è la cerniera fra Oriente e Occidente, una città di mercanti, si è espansa a Oriente, ha avuto rapporti con Creta, ha avuto rapporti con tutti, è stato un punto di riferimento, un terminal, come si direbbe oggi, di arrivo per quello che riguarda merci, idee, perché con le merci passano le idee, passano le sensazioni, passano i gusti, cambiano le impostazioni, la storia, eccetera. Quindi Venezia è senz'altro un crogiolo di questo, ma, proprio per questo, la disposizione di Venezia, che peraltro è piena di Ponti, come ben sapete, è proprio la conseguenza di voler ridurre a un'unità, comunicando fra un'isoletta e l'altra, quella che è una frammentazione. Quindi comunicare è anche una forma di riunire a un'unità. Quando gli uomini si incontrano alla fine fanno l'Umanità, questo è il concetto. Ognuno di noi è una figura singola, assomiglia alle anime di Dante che stanno nella grande aquila che lui incontra nel paradiso e ciascuna di queste anime ha una sua personalità. Vi ricorderete che l'occhio dell'aquila è costituito dall'anima di Davide, che è di per sé un monumento, ma sta all'interno di un’aquila, che quindi di per sé è ancora un’enfatizzazione di questa singolarità e quindi Venezia è questo. Allora il suo percorso, che, in questo caso, è un percorso soprattutto grafico, perché lei disegna questa Venezia reinventandola e riempiendola di parole, è un ulteriore declinazione sul concetto di comunicazione. Ma Elena Dell'Andrea, tutti e due naturalmente hanno una formazione molto complessa ampia e interessantissima di professionisti dell'arte, che io non posso riassumere per non monopolizzarvi tutta la serata, ma la trovate naturalmente esplicitata e documentata nel catalogo, utilizza non soltanto la grafica, ma utilizza la performance, utilizza la Land art e ritornare sulla terra per comunicare è, anche lì, un dialogo con la natura. Voglio solo ricordare che il concetto greco di hyle /ˈhylɛː/ è strettamente legato all'idea del bosco, quindi all'idea della foresta, all'idea del legno, all’idea di questa vegetazione, che costituisce la base sulla quale l'uomo poi si evolve, sulla quale l'uomo si emancipa in qualche maniera e naturalmente emancipandosi comunica con l'aspetto naturale, con l'aspetto più strettamente umano, e naturalmente attraverso l'arte, che è uno strumento privilegiato, perché questa relazione cresca, si modifichi nel corso dei secoli e risulti essere sempre attuale per quello che riguarda l'epoca nella quale stiamo vivendo. Grazie».

 

F. Ruggiero:

«Passiamo ai ringraziamenti istituzionali. Un saluto ci viene inviato dalla Regione Lazio. E anche un ringraziamento particolare alla direzione del Macro. Passo la parola all'artista, grande artista, grande amica, Antonella Cappuccio, che interviene su questo tema a noi caro di Ponti e AttraversaMenti».

 

A. Cappuccio:

«Buonasera. Sono molto grata a Francesco Ruggero per avermi invitata a questo convegno e mostra perché il tema è molto intrigante e interessante. Io comincerei col dire una cosa di questo genere, la prima luce che noi vediamo, il primo suono che noi sentiamo, il primo sorriso, il primo bacio è dopo aver attraversato il corpo di nostra madre. Noi siamo nati per attraversare e questo è soltanto il primo di una lunga serie di innumerevoli attraversamenti da una riva all'altra, da una conoscenza a una coscienza, che tutta la vita ci accompagneranno. Attraversare il Ponte. Il Ponte non è soltanto un ponte materiale è un ponte intellettuale, relazionale, amicale, un ponte d'amore, un ponte d’impegno. Questo Ponte lo creiamo noi con le nostre aspettative, coi nostri sogni e con i nostri bisogni e lo attraversiamo per andare a scoprire, che cosa, un inaspettato, lo sconosciuto, un diverso, un misterioso. La vita nostra gira tutta quanta in questo Ponte. Il Ponte, che non è altro che il mezzo per raggiungere qualcosa di diverso da noi, qualcosa che va al di là del nostro ego, questo Ponte noi ce lo stiamo costruendo istante dopo istante. Io, come donna, come madre, come artista, ogni istante devo fare i conti con questo impegno, con questo sforzo, di attraversare, di mettermi in discussione, di cancellare, perché il passato e il futuro non esistono. La cosa in confronto al hic et nunc, l’hic et nunc dell'attraversamento è il momento più difficile, è il momento che ci mette alla prova, è il momento della verità, in cui noi possiamo capire di cosa siamo fatti, di che stoffa siamo fatti, e l'arte, come la scienza, ha bisogno di fare il salto, il salto nel buio. Se vogliamo avere questa temerarietà, questa audacia, per saltare dall'altra parte della barricata e non avere paura di tutto ciò che non conosciamo. Noi passiamo dal noto all'ignoto, ma è questo che ci fa uomini. Noi cominciamo attraverso questa serie innumerevole di Ponti che attraversiamo, facciamo un viaggio, questo viaggio è importantissimo. Infatti, il poeta Costantino Kavafis, nella sua poesia celeberrima Itaca, che sicuramente molti di voi avranno letto, parla appunto del viaggio di Ulisse e racconta tutto quello che incontra nel bene e nel male, e poi finisce quasi deluso, perché Itaca che gli sembra modesta, gli sembra deludente, rispetto a tutta l'attesa che gli è servita per raggiungerla. Ma Itaca è stata importante perché è Itaca che gli ha dato il viaggio, e noi siamo nati per attraversare tutti i ponti, perché dall'altra parte non troveremo soltanto l'altro da noi, ma troveremo noi stessi, se non siamo la stessa cosa. Noi siamo l'altro, comunque e sempre, e da mistero a mistero, scopriremo che siamo diventati degli uomini e delle donne».

 

F. Ruggiero:

«Ringrazio Antonella per questa ultima citazione del poeta Kavafis che ho avuto occasione di seguire e studiare proprio quest'estate trovandomi a Itaca. Adesso passo la parola a Gerardo Lo Russo già Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Roma e oggi Presidente e Direttore dell'Accademia di Belle Arti Villa dei Romani. Grazie».

 

G. Lo Russo:

«Con mia sorpresa ho visto i lavori di Rocco e Elena e ho trovato molti riferimenti simili ad opere che sto realizzando da qualche anno a questa parte. La scrittura di un romanzo, per esempio, su un foglio di carta, consente di tirar fuori dei disegni, cioè il processo inverso di come nasce la scrittura. La scrittura nasce dai primi pittogrammi nelle caverne e poi, nelle migliaia e migliaia di anni, diventano geroglifici, ideogrammi, alfabeti, eccetera. Io faccio il processo inverso, scrivendo un romanzo, così come Elena adesso mi sta mostrando i suo lavori, scrivendo un romanzo, intervenendo più volte con quelle stesse frasi, con quelle stesse parole, alla fine, sul foglio di carta, appaiono dei disegni e questa è una cosa che mi avvicina ai lavori degli artisti che sono presenti, ma ci sono altre considerazioni che mi hanno un po' sorpreso. Per esempio, c’è l’impronta di una scarpa. Ho realizzato un lavoro due anni fa tutto con le impronte delle scarpe, addirittura 256 metri quadri a Piazza del Popolo, adesso esposto in Cina. Purtroppo devo parlare per forza di me per parlare di loro, è inevitabile. Arte è creare nuova vita nella bellezza. Ognuno, ogni artista in qualche modo, qualsiasi argomento vado a trattare, se una tela, se una scultura, parla sempre di se stesso, anche se apparentemente parla di altri, io lo faccio in modo diretto. Mi fa piacere, lo ripeto, di partecipare a questa iniziativa perché trovo riscontro di come l'arte sia complessa, ma anche dinamica, e quindi nei due artisti trovo delle cose simili, sorprendentemente e piacevolmente. Questa è la prima cosa che ci tengo a dire. L'altra cosa è che Francesco mi ha invitato a intervenire e il titolo di questa manifestazione è Ponti AttraversaMenti, è terribilmente intrigante, questo titolo AttraversaMenti, attraversa le menti. Come si fa ad attraversare le menti? In modo telepatico, con lo psicologo […] Come si fa, allora? Per quanto mi riguarda, siccome lui conosce quello che sto facendo in questo periodo della mia vita vi posso parlare un po' di che cosa stiamo realizzando tra il ponte Italia e il ponte dell'oriente, la Cina soprattutto, vi potrei dire che forse tutti quanti qui artisti, critici, diciamo manager, potrebbero veramente interessarsi di più, perché c'è un ponte straordinario tra noi e la Cina che non riusciamo ancora a cogliere con gli occhi, pure se abbiamo sentito parlare forse in televisione, eccetera. Ma c'è qualcosa di meraviglioso da scoprire, Itaca oggi potrebbe essere veramente la Cina e la Cina ha tantissime manifestazioni in essere con il titolo The Bridge, Ponte, Ponte, Ponte, in tutte le città. E l'altro titolo, l’altra manifestazione ricorrente Rinascimento, Rinascimento, Renaissance. C'è un'attesa straordinaria dall'altra parte del pianeta, verso di noi, e quindi noi come artisti e comunicatori dell'arte forse dovremmo porre maggiore attenzione a questo fenomeno del Terzo Millennio. Ecco ve lo dico perché mi sto attivando in questo e penso che sia uno dei motivi per cui Francesco mi abbia invitato ad intervenire qui. Sto vivendo anche da parte di giovani artisti cinesi […]. E pensate che 12 anni fa quando abbiamo aperto all'Accademia di Belle Arti per i primi giovani cinesi, che venivano a studiare qui, loro si muovevano, questi giovani, ancora con tutto il retaggio culturale artistico proveniente dalla scuola russa, perché loro l’arte l'hanno appresa tramite San Pietroburgo, tramite Mosca, nel ‘50, quarant’anni fa. In 12 anni, sono passati 12 anni da quando sono arrivati i primi studenti, adesso è cambiato il mondo da così a così, non so se Marco mi può confermare, io vedo delle cose straordinarie di questi giovani cinesi, che tra virgolette sono proprio tanti, tanti, tante, non possiamo immaginare quanti sono. Noi siamo quasi dei fantasmi, quando giriamo le nostre città. Non è così, non potete immaginare le stazioni piene, piene di gente, anche le Accademie di Belle Arti, si parla numeri da un minimo di 5.000, 15.000, 20.000, per fare un esame di ammissione partecipano in 10.000 e se ne prendono 2.000 è oro che cola, per dirvi che movimento straordinario che c'è. Adesso non voglio parlare solo di numeri, voglio parlare della qualità della cultura cinese e dell'arte cinese, che secondo me noi non riusciamo ancora a percepire ed è qui è il Ponte di cui vorrei parlare, noi dovremmo creare un ponte tra la nostra cultura artistica e la loro, perché è estremamente interessante, la dovremmo solo cominciare a conoscere. Cioè faccio un esempio, noi parliamo sempre di Rinascimento, loro il Rinascimento ce l’hanno come altare, per loro, guardano sempre verso di noi, non diciamo mai, tranne che per la calligrafia forse, non facciamo mai degli apprezzamenti, così verso la loro arte. Invece hanno delle cose straordinarie. Ho visitato dei musei sconosciuti, ma veramente sconosciuti, ve ne dico uno. Se mi dilungo fermatemi. Ho visitato un museo retto, gestito, da due signore di 80 e passa anni, che siccome erano state insieme a Mao, lo gestivano e veramente il governo gli da tutto il possibile immaginabile, paga il dipendente, eccetera. Però quel museo è stato ereditato dalle loro famiglie, sono una sorta di aristocratici e che non hanno nessun interesse a comunicare quello che hanno. Vi dico, ho qualche fotografia sul telefonino. Ho visto delle sculture di 3.700- 4.000 anni fa, che sono un po’ i protomi della loro arte, un po' come i kouros di noi adepti per capirci e sono straordinari, non le conosce nessuno, nessuno, cioè non è che le stanno pubblicando, non si conoscono, loro le tengono lì tanto se le godono loro, nemmeno i cinesi vanno a visitare questo museo. Se uno va, vede tutti questi giardini, […] si vede, c'è anche questa realtà. Ho visitato sulla Via della Seta queste benedette grotte di murales facendo questo concorso, anche lì, cose straordinarie. Noi dovremmo, lo dico, dovremmo forse cercare di capire meglio che cosa c'è dall'altra parte. Il ponte vero lo dobbiamo anche cercare di creare noi, non solo loro che sono all'apice di una economia e anche di una politica, direi nella globalizzazione sono assolutamente protagonisti. Dovremmo cercare di creare anche noi questo ponte verso la loro cultura perché le due culture e due modalità di fare arte messe insieme, la loro e quella nostra, soprattutto quelle italiane, secondo me, veramente possono produrre un Nuovo Rinascimento, ma per tutta l'umanità. Cioè, si possono produrre nuove visioni della vita, nuove visioni della realtà, se si riuscissero a combinare queste due modalità di concepire la realtà. Ci sono tante cose che ci dividono, ma ce ne sono altrettante cose che ci uniscono. Io sono molto interessato a perseguire questo tipo di Ponte. Grazie».

 

F. Ruggiero:

 «Ringraziamo Gerardo Lo Russo. Un breve appunto, sto preparando la terza edizione della Biennale delle Accademie alla Reggia di Caserta, lo dico perché ho un po', diciamo il polso, di quella che è la situazione, soprattutto degli iscritti all'interno delle Accademie italiane e cioè un caso eclatante riguarda quello che diceva il prof. Lo Russo, cioè che All'accademia di Belle Arti di Roma almeno un terzo dei nuovi iscritti sono cinesi, quindi a me viene in mente la transumanza dei Paesi Europei in Italia a suo tempo. Ma questo viene anche all'interno di tutte le Accademie sul territorio nazionale. Dopo questi autorevoli interventi introduttivi, a cui ripeto, daremo spazio con iniziative e attività espositive su questo tema, Ponti e AttraversaMenti, entriamo nel vivo dell’aspetto artistico con la presentazione di Elena Dell'Andrea dell'Accademia di Belle Arti di Venezia e successivamente dall'Accademia del Sud, Accademia di Napoli, con Rocco Sciaudone».

 

E. Dell’Andrea:

«Allora io introduco brevemente il lavoro di entrambi, perché ci sono dei lavori che abbiamo fatto insieme, io e Rocco Sciaudone. Successivamente passo la parola a Rocco, così intervalliamo con il suo lavoro, e poi ritorniamo un attimo al mio. Allora questo lavoro che vedete è stato intitolato La Paranza in quanto La Paranza ha un duplice significato: si tratta sia di un’imbarcazione da pesca e può essere definita anche una combriccola. Questo lavoro è stato esposto anche ad una mostra col Manifesto Brut, Eterodossia, e praticamente la particolarità, diciamo anche il motivo per cui abbiamo voluto inserirlo in questo contesto di Ponti e AttraversaMenti e che, di recente, Lorenzo Quinn figlio di Anthony Quinn, alla Biennale di Venezia ha esposto un lavoro simile al nostro, che è stato appunto nominato Ponte e ci faceva anche piacere mostrare come nell'arte, questi continui rimandi, e come anche mi ha fatto notare la professoressa Cappuccio, ricordano molto le mani in preghiera di Dürer, diciamo ci danno appunto il contatto sia con l'arte degli altri artisti del passato e ci mettono in comunicazione, in questo caso, col cielo e con la terra. Inoltre, abbiamo anche proseguito il nostro lavoro, che è un lavoro che nasce parecchi anni fa, di collaborazione, come artisti insieme, in quanto ci siamo conosciuti proprio ad una manifestazione artistica e abbiamo chiamato questo lavoro Connubio, proprio in quanto la nostra ricerca presentava notevoli affinità e, avendo io lavorato parecchio tempo sul tema del ponte, e riflettendo sul lavoro di entrambi e di come potevamo trovare un argomento di dialogo che avesse creato proprio un percorso, e avesse definito il nostro percorso insieme, è stato proprio scelto il nome AttraversaMenti, in quanto anche nei lavori di Rocco, che adesso avrete modo di vedere meglio, il tema non solo dei Ponti, ma appunto degli AttraversaMenti nel suo caso, in particolare delle tracce, era presente. E questo continuo susseguirsi di nostri lavori così vicini come tematica, all'inizio forse non l'avevamo colto, ma possiamo semplificare il tutto con una frase, cioè è illuminato colui che è consapevole della propria luce. E, quindi, trovare la consapevolezza all'interno del nostro lavoro e del nostro percorso artistico di dieci anni, che ovviamente non ha presentato solo questi tipi di lavori, però è stato anche un percorso che ha presentato tutta una serie di lavori, che magari con il ponte e gli attraversamenti non avevano nulla a che vedere, però, riuscire a fare un discorso unico e tutto un filo logico all'interno di 10 anni di lavoro di due persone, insomma, che comunque hanno comunicato, hanno collaborato e sono state vicine, secondo me era arrivato il momento di giungere non dico a concretizzare, però a dare anche un senso, a tutti quanti questi incontri, questi dialoghi, anche con altri artisti e aveva proprio questo scopo. Lo scopo era proprio questo. Adesso passo la parola a Rocco così vi mostrerà le sue opere».

 

R. Sciaudone:

«Grazie innanzitutto per essere intervenuti, ringrazio molti colleghi, che vedo pure nella sala. Allora il mio avvicinamento al tema dei Ponti e degli AttraversaMenti già nasce molto tempo addietro, siamo quasi all'inizio degli anni tra il ’95 e il ‘98 periodo in cui io frequentavo l’Accademia. Già, ecco, questo fattore del camminare, di attraversare erano presenti in me già nelle prime opere, come questa che vediamo adesso praticamente Scarpe, dal titolo Scarpe, del ‘98-’99. Innanzitutto faccio una premessa, figurano nel nostro piccolo catalogo sia opere pittoriche che fotografiche. Per quanto riguarda, tornando indietro, per quanto riguarda questo pezzo, parliamo di un'opera, di una carta intelata. Il mio lavoro sostanzialmente si basa appunto sul percorso, che oltre a questo condizionava anche altre opere come Camminando e, infine, Piedi e Scarpe. Sono opere di una grossa dimensione, parliamo di un metro e 30 per un metro e 20, fatti per lo più a gessetto acrilico e soprattutto, ripeto, carta intelata. Queste opere furono molto significative anche perché furono scelte nel ‘98 dal professor Massimo Bignardi per una mia mostra, una delle prime, direi anche una delle migliori dal titolo Pittura. Successivamente dopo gli studi accademici, mi avvicinai a quello che è il linguaggio della Public Art, che tutt'oggi porto avanti. Il mio territorio di riferimento è il Litorale Domizio, essendo di Falciano del Massico, un piccolo paese della provincia di Caserta, guardo molto le realtà presenti su quel territorio, ma guardo anche i disagi che, purtroppo, attanagliano quella zona. Ultimamente mi sto dedicando molto alla fotografia e lo dimostro anche appunto con questa foto scattata, che poi è diventata la locandina di una mostra dal titolo DomiziAfrica. Appunto la locandina della mostra, svolta al Museo Civico Biagio Greco di Mondragone. Andiamo avanti. Sempre foto che rappresentano la realtà di quel posto, che è dovuta appunto a questa forte immigrazione che Castel Volturno ha soprattutto negli ultimi decenni. La forte e massiccia presenza di questi uomini mi hanno condizionato già da molto tempo, quindi porto avanti appunto questo discorso del passaggio e del continuo camminare di queste persone che vengono, semmai rimangono una traccia, e poi vanno via. Con Domiziana Public Art che purtroppo è rimasto solamente un progetto, questa è una torre che si trova tra Mondragone e Pescopagano, per chi conosce la Domiziana, che versa in totale abbandono. Negli anni ‘80 si liofilizzavano i pomodori e successivamente fu usata come mercato ortofrutticolo. Il mio intervento consisteva praticamente nello srotolare le mie opere salendo sulla torre, ma purtroppo è rimasto solo un progetto perché il comune,   parliamoci chiaro, non mi diede i fondi per andare avanti. Il rapporto con la Public Art diventa ancora più significativo dopo l'incontro anche con Elena, nel 2009 e inizio a lavorare anche a Venezia. Questa è la testimonianza più emblematica della TV in Acqua (Hotel TV). Sull'isola della Giudecca, una mattina mi accingevo ad andare a prendere il caffè e praticamente mi trovai sull'imbarcadero della Palanca, dove vedevo questa televisione, praticamente buttata nel canale della Giudecca, come se mi parlasse, mi disse: «guarda perché non mi riprendi». Io presi tranquillamente una videocamera e decisi di immortalarla. Ma più che immortalare la TV, io immortalavo quello che la TV rispecchiava. In questo caso rispecchia sia una bricola e sia un palo. Se parte un attimo il video così possiamo vedere. Il video dura 2 minuti e 5 e va in loop. Venezia mi ha ispirato anche ulteriori foto tipo Malinconia, una foto di una scarpa messa su una bitta. La bitta è la classica pietra che mantiene una nave, una barca di grosse dimensioni, e mi sorprese il fattore di questa scarpa che sembra guardare il canale della Giudecca, visto in una posizione un po' defilata, che guarda Venezia. Inerente sempre al tema degli AttraversaMenti questa foto, scattata a Castel Volturno, che mi da l'impressione appunto di sbarchi, che è sempre attuale. Basta che pensiamo a quei poveracci che arrivano sulle nostre coste e rimangono anche qua un segno, in questo caso, un segno di una scarpa vecchia. Questa è una mostra svolta sempre al Museo Civico Archeologico Biagio Greco, sempre DomiziAfrica. Questo è un vero connubio, è un connubio tra scultura e pittura. Dietro c'è una tela, una tela con delle scarpe su un tavolo, un tavolo un po' visto alla Van Gogh, con le scarpe in primo piano, scarpe inzuppate di fango, appunto, porto sempre l'idea di questo passaggio, di queste scarpe, che continuano a camminare, che salgono questi scalini che portano tipo come ad un altare. Questa è La traccia, è una traccia che l'uomo rimane sulla sabbia, che si rifà sempre agli AttraversaMenti. E infine l'installazione, installazione fatta di mattoni, di gesso e ceramica, che rappresentano sempre il passaggio dell'uomo, questo è corredato da un video di 2 minuti in loop e quest’opera mi è stata d’ispirazione per la realizzazione dei Cento passi contro le mafie di Peppino Impastato, che io l'anno scorso ho portato avanti presso la scuola Giuseppe Impastato di Ponte di Nona. Possiamo vedere anche una piccola immagine di un video, dove appunto racconto il passaggio e la traccia. Io mi fermerei qua e passerei la parola a Elena».

 

E. Dell’Andrea:

 «Io mi sono avvicinata, appunto come ho già anticipato prima, al tema dei Ponti e AttraversaMenti lavorando su Venezia e, infatti, diciamo è una riflessione tutta a posteriori, poi, quella che ho fatto a partire dagli ultimi lavori. E comunque i miei lavori avevano sin dall'inizio una componente un po' politica, critica nei confronti della società e della speculazione, come questa opera che è Altro che Mosè, qui ci vorrebbe Mosè, interamente dedicata, si può dire, al MOSE che è Modulo Sperimentale Elettromeccanico, che come sappiamo ha mangiato solo soldi e non è quasi mai entrato in funzione, tanto più che adesso avrebbe bisogno di manutenzione, però è sempre un po', come dire, una vena polemica che è confluita parecchie volte nei miei lavori. Infatti, anche per questo motivo, nel 2010 nasce l'opera La Zattera di Lampedusa, chiaro riferimento alla quasi omonima opera di Géricault, dalla quale mi sono ispirata sia per le pose, che per la forma, che per i titoli, perché, diciamo che, all'inizio la mia opera ha subito una fase di continuo citazionismo di opere del passato, che avevo studiato e che mi avevano impressionato tantissimo. Appunto già dal 2010, e come potete vedere la situazione, sono passati quasi 10 anni, non è assolutamente cambiata, diciamo che ci sono questi continui passaggi di persone attraverso il nostro Mar Mediterraneo e, come accade allora, dove questa zattera venne lasciata in mare, abbandonata per tantissimo tempo, tanto più che i sopravvissuti denunciarono addirittura episodi di cannibalismo, cose proprio che sconvolsero l'opinione pubblica, ancora oggi, questi attraversamenti in mare, fanno parlare di sé. Quindi diciamo che, anche se il fenomeno ad oggi è cambiato, perché fa riferimento a proprio delle vere e proprie migrazioni, mentre quello è stato proprio un caso limite, particolare, però continuano purtroppo ancora oggi. Quest’opera è stata esposta ai Magazzini del Sale, successivamente anche a una mostra durante la Biennale di Venezia, corredata da un video Sbarchi. Si tratta di questo video, dove viene messo in relazione il passaggio umano, non solo per esigenze puramente umanitarie, ma viene messo in relazione con il turismo. E viene fatto appunto questo parallelismo tra l'immigrazione, ma anche il turismo e come l'incontro con l'altro da sé venga ugualmente percepito in maniera negativa, come un’invasione dei propri spazi e sconvolgimento del proprio mondo. In questo caso vi faccio vedere una parte di questo video, dove proprio si percepisce questo senso, insomma, di passaggio. Tra l'altro qui ci sarebbe anche il tema delle grandi navi a Venezia, sempre in riferimento un po' a questa vena critica. Vediamo un secondo il video. Comunque la sensazione di tutte queste persone che continuano a sbarcare e a scendere in questa piccola isola. Successivamente la mia ricerca diviene sempre più spirituale e positiva abbracciando tutte le modalità espressive, perché, comunque, sia dalla pittura, ma anche grazie all'incontro con Rocco, la fotografia, il video e, insomma, si declina in tutte le sfaccettature e nasce anche questa che è Un Ponte verso l'Infinito e, in particolare, l'opera d'arte relazionale denominata Stella di Poveglia. Praticamente Poveglia è un'isola che stava per essere venduta ai privati, dove i cittadini tramite un comitato, si sono resi partecipi per ricomprare l'isola e hanno, con eventi e altre manifestazioni, hanno fatto conoscere proprio quest'isola, che ha un ottagono, che era un avamposto di difesa della Serenissima, fatto proprio … a ottagono. Quindi col numero 8 mi sono divertita un po' a giocare e a creare questa Stella, dove le persone sono state invitate a partecipare e a costruirla con me. Io ho messo i primi mattoncini, poi chiedendo a chi veniva a questa manifestazione di raccogliere cocci, sassi, conchiglie, è stata proprio costruita questa opera che è effimera e quindi ad oggi sono rimaste delle piccole tracce, vediamo il video. La cosa divertente è che, mentre io partecipavo le persone avevano difficoltà a intervenire, a interagire, poi io ho lasciato la videocamera lì, ad andare, e quando non c'ero, le persone cominciavano a costruire la Stella. Diciamo, è stato una specie di esperimento, e anche un mettersi in discussione e cercare di vedere se veramente sarebbe uscito qualcosa di interessante, che poi effettivamente si è verificato, però fino alla fine, insomma, il risultato non era del tutto certo. Sempre con il numero 8 ho costruito anche altre opere e questo perché la mia ricerca ha cominciato a fondersi con un lavoro interiore dei movimenti di Danze Sacre di Gurdjieff e anche alcuni Atti Psicomagici di Alejandro Jodorowsky, che ho avuto modo di conoscere e mi ha influenzato in maniera particolare. Questo in particolare, Rebirthing Square, è lo studio per un'opera di una performance, che ho fatto durante una mostra al Barco Zonca a Treviso e durante questa, come vedete è L'Uomo Vitruviano (e sempre Venezia comunque che influisce, perché L'Uomo Vitruviano è conservato alle Gallerie dell'Accademia), ho messo in rapporto la terra con il cielo. Proprio questo studio, appunto, dell'uomo e della posizione del quadrato e del cerchio all'interno del disegno e l’ho reso performance, sempre con l'intento di fare una trasformazione collettiva, quindi, adesso vediamo parti di un breve video, ma si tratta di una rinascita, di una trasformazione. La prima parte è una morte, fino ad arrivare proprio a una vera e propria rinascita. In questo caso vado un po' più veloce, perché comunque dura abbastanza. Ma si tratta appunto della ripetizione dell'Uomo Vitruviano in qualche modo all'interno del quadrato, che diventa spirito e quindi, poi, di conseguenza, avviene una rinascita. Il senso di coinvolgimento del pubblico era che appunto le persone osservando questa forte immagine archetipica di morte e rinascita, avevano la possibilità di essere in qualche modo anche loro coinvolte in una trasformazione. Successivamente l'incontro con l'artista Remo Salvadori è stato determinante per questo nuovo momento di ricerca, che è culminato con l'opera Venezia i suoi Ponti pubblicato nel libro L'acqua è Maestra e si tratta appunto di una mappa costituita da tutti i nomi dei Ponti di Venezia, ma veramente tutti. Questo progetto poi viene approfondito con altri Ponti, in questo caso Amsterdam, che è in fase ancora di elaborazione, e ci sono anche altre città come San Pietroburgo e Amburgo, che si prestano alla prosecuzione di questo progetto. Successivamente vi mostro anche questo che è un Ponte, che è la matrice, che secondo l'artista Nancy Genn, la considera come la matrice della mia opera. Siamo sempre sulla riflessione delle parole di Nietzsche. Secondo Nietzsche L'uomo è un Ponte, ma secondo me anche l'artista può essere considerato tale. Come ultima opera scaturisce proprio Axis Mundi, che mette in connessione, fa da Ponte, tra terra e cielo. Vi ringrazio tutti quanti, ringrazio anche i relatori e adesso ripasso un attimo la parola a Francesco Ruggiero per la chiusura e niente spero insomma di essere stata non troppo lunga e interessante. Grazie».

 

F. Ruggiero:

 «Grazie Elena, grazie Rocco. Grazie. Saluto la presenza di Eleonora Costantini per la rappresentanza della ele.co per la partecipazione e per il sostegno all'iniziativa, oltre che a Federart, la struttura che ha promosso e organizzato e organizzerà eventi di questa natura. Una considerazione del tutto personale: noi abbiamo rischiato di sprofondare in un buco nero in cui vedevamo lentamente la chiusura del cielo, ma credo che con questo con questa serie di iniziative, fra cui ce n'è una parallela su cui stiamo lavorando, con il contributo culturale della famiglia Coppola che da Tricase a Marzara del Vallo stanno realizzando, stiamo realizzando, un'iniziativa dal titolo Nelle scarpe di mio padre, che sarà un riferimento a tutta l'immigrazione italiana in America. Credo che, a mio avviso, si sono aperte tutta la serie di considerazioni non solo verbali ma anche visive. Se c'è qualcuno che vuole intervenire e dire qualche cosa, o fare delle domande sono i benvenuti, anche se farei un giro, un nuovo giro di interventi a cominciare dal professore dell'Accademia di Belle Arti di Roma, Marco Bussagli. Se comunque qualcuno vuole fare delle domande nel frattempo si prepara e poi vorrei fare intervenire sia il professor Bussagli, che il professor Gerardo Lo Russo, Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Villa dei Romani e in particolare su questo Ponte che è riuscito ad aprire con tutto il mondo orientale. Grazie».

 

M. Bussagli:

«Nello sviluppo del percorso che abbiamo visto adesso insieme naturalmente stimola tutta una serie di riflessioni cominciando dall'ultima appunto di Nietzsche, se L'uomo è un Ponte, l'artista, sempre citando Nietzsche, modificandolo, è un super Ponte, ma in realtà i filosofi spiegano bene che non si può parlare di superuomo, perché con superuomo, poi viene in mente Superman, che non c'entra granché. Invece è un ultra Ponte casomai, un Ponte amplificato. L'artista è colui che interpreta al meglio il concetto di attraversa-mento, non nel senso di mento questo, ma della mente. AttraversaMenti, attraverso appunto il cuore, il cervello e la mente delle persone. E il rapporto con la Cina di cui parlava appunto il professor Lo Russo mi ha fatto venire in mente due cose, cioè che gli ideogrammi cinesi hanno spesso e volentieri, utilizzano, la figura umana proprio per la semplificazione e l’icasticità della rappresentazione. 人(i-do) in cinese significa uomo ed è rappresentato da un ideogramma che è la stilizzazione di un uomo che cammina. Cioè non è un uomo fermo, è una linea obliqua così e una piccola linea al diciamo sotto la metà della precedente, che apre la falcata dell'uomo, che è considerato tale se cammina. Cioè il concetto di movimento nell'uomo di spostamento nell'uomo di spostamento fisico e anche interiore, naturalmente, è insito nella figura dell'uomo, cioè quello che l'uomo rifugge è la stasi, cioè il concetto di morte strettamente connesso all'idea di stasi e la vita è strettamente connessa al dinamismo e questo uomo vivo è l'uomo che si muove. L’ 人(i- do) fatto in quella maniera rappresenta proprio il ponte, il passaggio da una situazione all'altra e l'altro, e poi finisco sennò porto via troppo tempo agli altri, l'altro ideogramma invece cinese è 大(da), che significa grande, che è un uomo invece, che è stabile, però apre le braccia e le gambe e rappresenta appunto, una specie di Uomo Vitruviano cinese, quale abbraccia lo spazio. L'uomo Vitruviano di Leonardo è una straordinaria invenzione, perché è la quadratura del cerchio, nel senso che l'uomo di Leonardo, non l'ha inventato Leonardo, me l'ha inventato Vitruvio, solo che Vitruvio pensava a due figure staccate, come d'altra parte Cesariano nel suo trattato, rappresenta l'uomo ad quadratum l'uomo ad circulum. Solo che Leonardo li mette insieme e mette insieme due figure che non possono stare insieme. Perché non possono stare insieme? Perché l’uomo ad circulum è più basso dell'uomo ad quadratum, perché l'uomo ad quadratum ha i piedi che sono uniti e quindi è tutta la sua altezza, infatti è inscrivibile in un quadrato. Perché l'uomo nella realtà, stasera divertitevi davanti allo specchio, vedrete che siete alti, che siamo alti, quanto siamo larghi e quindi siamo alti in un modo. L’uomo ad circulum invece, per essere ad circulum, spiega Leonardo, bisogna, con le gambe, divaricarlo in maniera tale che la distanza fra un piede e l'altro sia identica al margine interno dell'arto inferiore. Quindi la lunghezza che va dall'inguine al tallone è la distanza fra un piede e l'altro. Il che inevitabilmente ci fa calare di altezza, quindi le due figure, se uno le sovrappone, non funzionano. Leonardo le ha fatte funzionare perché ha sovrapposto le teste delle due figure, come si è visto nell’immagine di Elena Dell'Andrea, che ha appunto diversificato con i colori e anche quello è una forma di attraversamento, anzi di AttraversaMenti, perché gli uomini sono due. E ringrazio».

 

F. Ruggiero:

«Grazie, grazie Marco. Ora invito Gerardo Lo Russo a entrare in merito a una delle rare esperienze con questo mondo straordinario che è quello della Cina».

 

G. Lo Russo:

«Diciamo che Marco mi ha passato la palla, nel senso che ha parlato sia di mettere insieme Leonardo che mette insieme le due figure per farne una sola, e sia ha fatto riferimento agli ideogrammi cinesi, molto interessante debbo dire quella figurazione, che apre tutto un mondo sull’energia in movimento. In Cina, voi sapete la medicina, pensano in modo diverso da noi, hanno tutto un mondo, la loro medicina è preventiva ed è tutta basata sullo studio delle energie, da cui poi deriva l'agopuntura e tutte queste benedette cose, così, il loro pensiero, diciamo. Dall'altra parte c’è il mare, l'oceano Pacifico, non hanno un'altra civiltà, non hanno un altro mondo, non hanno altri territori. Ci sono loro e l'oceano e di qua poi c’è l’Occidente, l'Himalaya, tu e noi. Quindi il loro pensiero filosofico si è formato in un modo diverso, veramente basano la visione della vita tutta su questi due aspetti: la staticità e il Nord la Stella Polare. Si mettono con le spalle verso nord e hanno la Stella Polare, quindi il freddo, la terra, la base e la staticità. Poi hanno sulla sinistra il famoso dragone, la Primavera, la nascita, l’inizio, l'oceano, dove sorge il sole; di fronte hanno la Fenice, l'esplosione della gioia della vita, il furore e il caldo, tutte queste belle cose e sulla destra hanno noi, il tramonto, la Tigre bianca. Tra l'altro ci considerano molto perché il tramonto significa anche la persona anziana, significa le esperienze della vita. Loro ci vedono veramente bene, perché ci vedono come quelli […], si hanno un concetto di vita diverso da noi, come il tramonto, conversione, ansia, ma ci vedono certamente come quelli che sanno fare le cose. Proprio perché siamo ricchi di esperienza è un elemento che noi dovremmo considerare in questo presumibile, possibile Ponte da fare con loro, da individuare con loro. Quindi hanno una visione diversa. Allora queste due forme di energia, quella fissa, nord, e quella diciamo in movimento, la Primavera, diciamo il percorso del sole […] la vedono anche applicata a, diciamo, al mondo dell'arte. E come? Loro hanno la calligrafia che è la massima espressione artistica. Non solo non hanno mai realizzato per esempio gli affreschi, o cose di questo tipo qui. Hanno la ceramica, il bronzo 1500 anni prima di noi, però la loro, come dire, concentrazione sul fare arte è più che altro rappresentazione della realtà, non è tanto interpretazione come facciamo noi, perché noi occidentali proprio perché viviamo in una natura diversa, siamo gli individualisti, perché la natura ce lo consente. Anzi, la natura ci obbliga ad essere individualisti. Qui da noi nel Mediterraneo qualsiasi essere, piccolo, grande, nero, bianco, donna, uomo, se fosse solo nella natura, lasciato solo senza nessuno, più o meno se la può cavare, può sopravvivere, trova nel raggio di pochi chilometri un ruscello, una bacca, un uccellino, da mangiare, si può arrangiare. Da loro le distanze sono enormi, anche laddove ci sono queste grandi città, sono enormi, i fiumi sono larghi centinaia e centinaia di metri. Cioè, praticamente l'individuo da solo non può sopravvivere, hanno bisogno della collettività, hanno bisogno di aiutarsi l’uno con l’altro. Questo la dice lunga anche sulla loro politica che fanno, per loro la democrazia non è basata sui diritti della persona, dell'individuo, è basata più che altro sui diritti della collettività. Difficile da capire per noi, ma è così, cioè adesso non voglio parlare di politica, ritorniamo all'arte. Quindi questo modo di vedere l'arte, più di rappresentazione della realtà, quindi osservazione della natura, è come se loro si mettessero sempre così come scrivono, TTTT (suono onomatopeico, ndr), da destra a sinistra, adesso, da sinistra a destra, dall'alto in basso e quindi hanno tutti questi ideogrammi, addirittura 70 mila. I bambini, i ragazzi, per imparare a scuola debbono imparare almeno 5-7.000, per poter cominciare, immaginate un attimo. Tra l'altro trovate un cinese che non abbia una bella grafia, vi sfido, tutti quanti. Scrivono tutti bene perché sono allenati e poi hanno una memoria visiva, ripeto che a noi proprio non ci vedono per niente, perché sono abituati con tutti questi segni e TTT TTT TTT TTT. Vedete anche quando stanno nelle metropoli con i telefoni, che manco guardano e diciamo vivono in quest'epoca in cui c'è la digitazione e l'informatica a tutto spiano, in questo modo, sono enormemente avvantaggiati rispetto a noi. Allora, la considerazione che faccio proprio rispetto a questa idea di Ponte tra Oriente e Occidente è questa: noi abbiamo delle grandissime qualità, che non è che le mettiamo in discussione noi, né loro le mettono in discussione. Quando si parla di Rinascimento il massimo dell'Arte dell’espressione della vita, attraverso appunto la tecnica. Se si riuscisse a mettere insieme questo nostro modo di mettere l'individuo al centro della realtà, il Rinascimento è nascita, nuova nascita dell'uomo. Tutto viene costruito intorno alla figura umana e quindi noi siamo come un’energia pulsante su se stessa, immaginate. Loro, la loro forma di energia, si esprime invece, come il vento, come le onde del mare. In quest'altro modo se si riuscisse, te lo dico perché ho una mia teoria, a mettere insieme queste due forme energetiche: quella che pulsa su se stessa e quella tipo ondulatoria diciamo. Immaginiamo nel campo delle arti visive, forse veramente riusciremo a trovare una combinazione per contribuire a quello che loro, un grande desiderio, d’inventarsi e tirar fuori un Nuovo Rinascimento del Terzo Millennio, ma anche per noi, non è che una civiltà, non è che siamo in auge, assolutamente, soprattutto in Italia, stiamo vivendo un momento diciamo un po' da vedere. Quindi il Ponte, ecco il Ponte. Io suggerirei di giocare su questo, cioè costruire un Ponte, che non è solo filosofico, o solo psicologico è veramente anche di produzione artistica. Grazie».

 

F. Ruggiero:

«Bene. Il professor Lo Russo ha anticipato una mostra su cui stiamo lavorando, una mostra collettiva proprio su questo tema Ponti e Attraversamenti. Grazie, grazie, grazie. Permettetemi ora di passare la parola ad Antonella Cappuccio per alcune considerazioni».

 

A. Cappuccio:

«Vorrei fare solo una piccola considerazione, proprio pensando a questi Ponti che gli artisti devono superare ogni istante e attraversare se stessi per cercare qualcosa di nuovo e di sconosciuto a se stessi e pensare alla Cina. Ora noi nella nostra cultura occidentale abbiamo la cultura della causa-effetto, i cinesi no, hanno il Maestro Caso, che è l'armonia universale. Il maestro caso a noi fa paura, perché si dice, come? Casuale, sembrerebbe che sia una cosa così, alla sanfason, invece no, c'è una grande armonia nel caso, e questa armonia la scopre tutti i giorni proprio l'artista, sapete perché? Perché quando sta nell'ignoto, quando sta nella ricerca, quando non sa dove sta andando, non sa neanche chi è, non sa nulla, la materia, il suo mestiere se vogliamo, gli dice delle cose nuove, gliele dice casualmente, magari manca un pezzo, manca un colore, ti devi inventare come risolvere una tale cosa e tu pensi che ci sia una causa-effetto. Assolutamente no, c'è il Maestro Caso, che si avvale della sensibilità dell'intuizione dell'artista per poter rivelare a lui quello che lui è, e in questo siamo molto vicini alla Cina».

 

F. Ruggiero:

«Sì, il caos non esiste. È solo un ordine più complesso. Se qualcuno vuole intervenire a dare contributo a questa sede, molteplice. Sì, sì, bene Gianni Minchio».

 

G. Minchio:

«Al professor Bussagli, al contatto visivo che si ha quando ci si incontra con un'altra persona. Io sono fotografo, ho fatto varie fotografie di moda, lavori di moda. Quando si fotografa una modella si instaura un ponte, un contatto visivo e credo che la fotografia di moda, in particolare, abbia recuperato quel relazionamento ancestrale quando ancora non era stato inventato il codice della lingua le persone si comunicavano attraverso le espressioni, i muscoli, il movimento e quindi era un ponte primordiale. Noi sempre abbiamo avuto ponti e sempre continuiamo a relazionarci attraverso Ponti quindi il concetto dei Ponti e AttraversaMenti è meraviglioso. Complimenti».

 

F. Ruggiero:

«Bene. Qualcun altro vuole dare un contributo al dibattito? Diciamo che abbiamo altri 15 minuti di spazio. Diamo la parola a Elena Dell’Andrea».

 

E. Dell’Andrea:

«Allora dico ancora un paio di cose. Volevo un po' raccontarvi poi com'è nata anche appunto l'idea di questo piccolo catalogo, libretto, in quanto praticamente è uscita questa riflessione su questo tema di Ponti, che appunto è da veramente abbastanza anni, che ho avuto modo di lavorarci sopra e, secondo me, proprio è nato pensando a tutti i ponti di Venezia, ma non solo a livello di pensiero. Proprio come Rocco, il suo percorso per andare in Accademia l’ha portato a realizzare queste tracce, queste scarpe, è stato proprio questo attraversare tutti i giorni una città, riflettendo sul tema dell'acqua. L'acqua non ha appunto solo la sua forza, ma tra l'uomo e l'acqua, tra le isole, perché mi sono occupata parecchio, avendoci anche abitato per 7 anni sopra un'isola, di isole. Questa relazione tra noi che siamo isole, persone a volte isolate, uno si dice che è da solo, è come un’isola, però quando relaziona con gli altri si trasforma in un Ponte, perché alla fine questo contatto appunto, che come ha detto il professor Bussagli avviene anche attraverso lo sguardo, ma non solo, diciamo ci invita a relazionarci con l'altro e a creare, appunto, un contatto, che nel nostro caso è un Ponte, ma può essere anche un contatto di qualsiasi altro tipo. È nata l'idea di concretizzare, perché alla fine quando noi pensiamo alle nostre opere, magari delle volte, l'opera sorge senza che noi bene o male abbiamo un vero fine, un secondo fine, ma l'opera scaturisce da dentro. Quindi una riflessione che avviene in un secondo momento ci aiuta veramente a capire che cosa stiamo facendo, che cosa nasce in quel momento, perché come molti di voi, perché sono artisti e lo sanno, ma alle volte l’opera è qualcosa che noi sentiamo dentro e non riusciamo a spiegare, a dare, come dire, veramente la voce dei nostri pensieri, delle nostre parole, in realtà nell'artista si tramuta in un lavoro. Poi è molto difficile rifletterci sopra e creare anche un qualcosa veramente di profondo rispetto a quello che è l'opera, perché le parole non sempre riescono a spiegare quello che abbiamo dentro, l'artista lo esprime attraverso le proprie opere però riuscire anche a spiegare la propria opera attraverso le parole è molto importante e nel caso poi della fusione proprio di parole nell'arte, come molta parte dell'arte verbovisiva anche, perché in realtà la riflessione poi è stata fatta proprio sulle parole e su altri artisti che hanno usato le parole, e ce ne sono tanti, veramente tanti. Proprio questa riflessione che poi induce a creare nuove argomentazioni, ma non solo, a creare anche ulteriori temi su cui lavorare, a creare anche una comunione unitaria di pensieri, spunti per altri artisti e come abbiamo visto una relazione tra tutti noi alla fine, perché proprio questo è lo spunto per aver iniziato questo dialogo anche con Francesco, con le nuove iniziative che verranno e con questo sguardo rivolto all'Oriente. Perché l'Oriente diciamo anche l’orientarsi è guardare verso l'Oriente delle volte. Noi a volte ci diciamo disorientati, perché non sappiamo, no, dov’è l'Oriente, dov'è il nostro Oriente. Quello che noi abbiamo all'interno e proprio è la parola che ci dice che cos'è, quindi questa riflessione è aperta anche nuovi spunti e nuovi canali e spero sia stata anche molto interessante anche per voi e che vi abbia donato, a voi, proprio la possibilità di riflettere su questo tema, ma non solo, e di creare nuovi spunti e nuove idee. Ecco. Grazie».

 

F. Ruggiero:

«Grazie Elena. Grazie di nuovo. Invito per eventuali richieste, domande, interventi. Bene, se tra i relatori c'è qualcuno che vuole dare un contributo ulteriore».

 

G. Lo Russo:

«Il Ponte è già stato realizzato, quello della Via della Seta, faceva riferimento a questo. È soprattutto concettuale il termine Silk Road, Via della Seta, cioè è proprio una scusante per creare veramente una comunicazione a livello globale, altrimenti non ci sarebbe bisogno, perchè la Via della Seta adesso non è che passano più cammelli, come una volta. Cioè è solo teorica. Il vero problema è quello del Ponte di cui parliamo noi, cioè creare diciamo degli incontri di dialogo con questo mondo orientale, che è enorme, non è solo una questione di numeri. Parliamo della Cina sempre e solo per questione di numeri. Quando vediamo l'economia, un miliardo e 300 milioni, 300 milioni di ricchi, un ponte lungo 40 chilometri, hanno fatto un ponte nel mare, il grattacielo 405, non è solo un problema dei numeri, di quantità. Noi come artisti dovremmo lavorare su questo Ponte. Perciò ci tenevo a ripetere questo loro concetto di avvicinarsi a un possibile Rinascimento del Terzo Millennio, ma anche noi abbiamo bisogno di vedere loro, da un altro punto di vista. Non come nel passato, Marco Polo nel 1300, poi c'è stato Matteo Ricci, non è tanto questo, è un mondo straordinario che dobbiamo scoprire. Ci è stato troppo insegnato malamente come se la Cina fosse ancora quello con la carrozzella, che andava lì con la bicicletta, no. Noi siamo incappati in una sorta di teoria del Popolo cinese visto per la propaganda diciamo occidentale nei loro confronti. Non è così e noi artisti, secondo me, dovremmo farlo questo sforzo, tutto qui».

 

R. Lo Sapio:

«Sì, anch'io volevo dire la stessa cosa, perché ormai con gli orientali e, gli artisti soprattutto orientali sono integrati nella nostra società, sia nella società, che nella nostra, nell'arte degli artisti italiani, insomma. Quindi, infatti, noi con le nostre associazioni qui a Roma collaboriamo già con artisti cinesi, ma che oltre aver fatto l'accademia hanno anche fatto il dottorato, quindi sono preparati in tutti i sensi, per poter comunicare con noi e partecipare con noi ai nostri eventi, per quanto riguarda il nostro lavoro. Per quanto riguarda il Macro anche qui e ci sono stati tantissimi orientali l'ultimo gruppo importantissimo il Gruppo Pam col quale abbiamo collaborato durante l'atelier che abbiamo fatto in giugno, e curato addirittura da un italiano Carlo Gori, questo gruppo giapponese, che poi sono sempre orientali, ma giapponesi. Il lavoro di questo gruppo è curato da un artista italiano, che ha lavorato moltissimo anche nelle periferie di Roma, quindi ha un'esperienza profonda, conosce Roma sotto tutti gli aspetti ed ora è stato persino nominato curatore del Macro in Giappone da Giorgio De Finis. Quindi hanno partecipato alla mia performance durante l'atelier qui in giugno, perché ho fatto una performance, hanno tenuto una performance partecipativa e loro si sono inseriti nella mia performance e hanno svolto con me questa performance. Adesso per esempio hanno invitato diversi artisti anche italiani a partecipare a degli eventi in Giappone quindi insomma sono integrati quindi i ponti sono fondamentali, sempre necessari, indispensabili. Però sono proprio inseriti nel nostro contesto, insomma, nazionale, sotto tutti i punti di vista. Volevo dire, quindi, collaboriamo già attivamente da diversi anni, poi c'è un altro artista qua, anche quello giapponese, anzi due artisti giapponesi che vivono a Roma e che hanno avuto un atelier anche loro, due atelier distinti al Macro, vivono qui a Roma, partecipano a diverse manifestazioni, insomma, anche con artisti molto conosciuti. Poi c'è anche Lim artista molto conosciuto a Roma che aveva persino avuto una galleria a Trastevere, aveva invitato mezzo mondo a partecipare, anche lui molto attivo, insomma. E poi una valanga, come dice il professore, di artisti cinesi dell'Accademia, che proprio sono bravissimi e parlano tutti italiano, quindi non dobbiamo neanche sforzarci troppo».

 

F. Ruggiero:

«Bene. Mi sembra che stiamo in qualche modo dando un contributo a sviluppare la loro forma di Rinascimento, gettare un sasso, che sta generando dei cerchi concentrici. Altri interventi?».

 

G. Minchio:

«Devo fare una domanda al professore Lo Russo. Lei non pensa che il nostro ritardo nella conoscenza della cultura e dell'arte cinese, sia anche un problema politico? Non voglio parlare di politica, però c’è anche un discorso di politica internazionale, [purtroppo], conferma quello che pensavo».

 

F. Ruggiero:

«Ritorniamo al messaggio iniziale. Due civiltà, due persone si incontrano, si guardano, scavano nelle loro anime e un sorriso aiuta il processo evolutivo dell'umanità. E con questo io chiuderei se non ci sono altri interventi. Grazie a presto. Alla prossima, grazie».