59 STEPS FOR PEACE

28 maggio 2022

curated by Elena Dell’Andrea
RADICA+INCHIOSTRO&PIETRA

L'evento è visibile integralmente su youtube:

https://youtu.be/Ec94c3djFYM?si=lSIvG7lUBRm7YRHT


The idea of a literary café on the dichotomy of peace and war was conceived during a meeting with Ukrainian/American artist Irina Danilova. The Inchiostro e Pietra blog and magazine, edited by Laure Keyrouz, and the Radica association, organized by Beatrice Monastero, are both sensitive to the issue of the conflict experienced by Lebanese people, and they have offered us this opportunity for dialogue. Amal Baghadadi, an architect living in Brescia for 32 years, has created a bridge of solidarity and launched a donation campaign to collect funds to send medicines to the Lebanese Popular Aid.

Aldo lo Curto, the first person who helped in this fundraising and medicine, is a voluntary itinerant doctor. During his career he reached all five continents and was on missions in different countries and on 23 April 2022 left for the border with Ukraine to bring medicines to refugees in Poland.

The Nazra Palestine Short Film Festival born in 2017and represented by Monica Macchi joined 59 Steps for Peace with HAJEZ by Omar Rammal (14’). It is promoted by organization Restiamo Umani con Vik (Venice), École Cinéma (Naples) e Centro Italiano di Scambi Culturali-VIK (Gaza Strip – Palestine). The NAZRA PALESTINE SHORT FILM FESTIVAL (Nazra means Look) is an annual, travelling and multicultural festival on freedom, human rights and justice, with a special focus on the contemporary reality in Palestine. It also aims to be an opportunity, for authors with great artistic skills but lacking sufficient financial resources, to express and present their ideas and reflections through the fast, young and clever’s short movies language.

Elena Dell’Andrea: “I met Irina Danilova in 2013 and the following year we strolled around Venice with her and her husband, Hiram Levy. I recall her being immersed in her Project 59 at the time, and she was walking 5.9 kilometers around cities, writing number 59 on Google maps. Before she left, she inquired as to whether Venice had a 59-step bridge. Then she sent me a predictive message: the Rialto Bridge was built in 1591 (including number 59). After discovering the only way up with exactly 59 steps (out of 5 other options on Rialto Bridge and all other Venice bridges) between the pandemic waves in 2020, I created a short video counting 59 steps to the top of the Rialto Bridge, which became the 59 Steps Tour Up To The Top Of Rialto Bridge to Support Ukraine this year, during the opening of the 59th Venice Biennale. Irina’s Rialto Bridge project is in dialogue with my artworks about Venice and its Bridges, continued with other cities of bridges as Saint Petersburg and Pittsburgh that are the background of this evening. This interesting dialog between USA, Russia and Ukraine emerges in Irina’s 59 Brides, metaphor on the future: as in a marriage, in order to achieve peace, an agreement must be found. This agreement is found building Bridges and Mind- Crossings as in the works by Rocco Sciaudone and Elena Dell’Andrea; Wefts, as weaving by Adua Martina Rosarno and Amedeo Fernandes; a yearning for ideals of innocence and freedom as in The Infant by Alessio Scotti.

STITCHING THE BORDER|CUCIRE IL CONFINE is a project of Elisa Vladilo curated by Werner Koroschitz e Uli Vonbank - Schedler, realized along the Italian-Slovenian border, on 10-8-2010. Elisa Vladilo: “When we started to speak about the project SEPARATIONS, thinking about the borders of three countries involving Austria, Italy and Slovenia, I immediately thought that, in reality, these borders are as if there were no more. During these years the frontiers in Europe have been eliminated and a single currency introduced. In this way borders lost part of their meaning and function. In fact in the past it was trouble to trespass them, now it isn’t. They only symbolized the limits of a territory, a separation of countries with culture, languages and different traditions.

The border areas, however, are always an area of shade, in the sense that here you can easily find a mix between two different nationalities. Thinking about this border that exists and does not exist at the same time, I saw a kind of "seam" on the border lines, that symbolizes a mending of territories, a more effective and profound reunification, in the identities, bringing the earth, which has been divided by men over time, back to its original unity. I imagine the seam made in cross stitches, large, colored with warm tones, orange and yellow; an ironic, playful, cheerful, de-dramatizing seam, leading to a happy coexistence. The warm colors are both to convey precisely the qualities of joyfulness and positivity, but also to complete and therefore dialogue with the color tones usually prevalent in nature, green and blue. The size of the points is in scale with the territory, and the user material is colored ribbon, to underline the joyful, festive, and light intent." (published in the UNDO.NET press release)

 

Conference 59 steps for peace, trascrizione della conferenza. Sabato, 28 maggio · 6:00 – 7:00PM

E. Dell’Andrea:

Grazie a tutti di essere qui. Questa sera presentiamo questo caffè letterario. L'idea di organizzare questo caffè nasce dall' incontro con l'artista ucraina-americana Irina Danilova che adesso si trova appunto negli Stati Uniti. Ringrazio anche inchiostro pietra blog e Magazine ideato da Laure Keyrouz e l'associazione Radica nata da un'idea di Beatrice Monastero, qui presente. Beatrice farà anche una performance con Laure, già sensibile al tema dei conflitti, in quanto il popolo libanese si trova ancora in una situazione di tensione. Entrambe ci hanno offerto questa occasione di dialogo. E’ presente anche Amal Baghdadi, architetto, da 32 anni a Brescia, ha creato un ponte di solidarietà con la raccolta di fondi e medicine per il Libano. […]

Amal Baghdadi:

Io sono Amal, vivo in Italia da 33 anni ormai sono andata in Libano dopo 3 anni, nel 2021 a dicembre, ho scoperto la situazione in Libano. È completamente diverso quando uno vive una situazione, quando si rende conto veramente della realtà e sicuramente io non credo veramente che nessuna persona al posto mio poteva fare qualcosa di diverso da quello che ho fatto. Non ho fatto nulla di speciale. L'unica cosa che ho pregato il signore di aiutarmi per poter aiutare, perché ho pensato se se tutti noi facciamo una piccola azione, questa piccola azione diventa grande e quel poco che noi riusciamo a aiutare sicuramente farà la differenza anche nel tempo. Quindi l'azione del cuore è quella che muove il mondo secondo me. Vi sto parlando anche dall'esplosione del Libano era nel 2020 anche lì avevo fatto qualcosa in piccolo diciamo. […] Dopodiché ho promesso di continuare e ho pensato che in Libano adesso la situazione è drammatica, soprattutto per le medicine, perché questo governo, non voglio parlare di politica, ma purtroppo abbiamo un governo che, veramente, il popolo libanese non merita. Perché il popolo libanese da sempre è stato un popolo pacifico. Già dai tempi dei Fenici non era un popolo conquistatore con le armi, ma era sempre un popolo di mercanti. Perciò mi sono mossa con l'aiuto di tante persone con grande cuore e sono riuscita a portare la prima volta le medicine in Libano come privato e in un secondo momento sono tornata dal Libano e promesso di non fermarmi qua, perché c'è tanta gente che veramente questa pillola, magari per malati cronici, significa che gli salvi la vita. Allora ho pensato che non devo fermarmi qua, anche se sono da sola, ma non devo fermarmi qua. Come vi dicevo quando uno ha intenzione buone e dal cuore tutto il mondo cospira che qualcosa deve succedere, deve accadere, quindi ringrazio molto Brescia, il sindaco di Brescia mi aiutato per poter aprire un'associazione Onlus che adesso si chiama terzo settore e siamo nel procinto di aprirla ci sarà anche Laure Keyrouz con me e tanti amici con grande cuore che condividono questo con me. L'associazione si chiamerà La speranza, non il ponte con il Libano come avevo pensato prima, perché penso che l'umanità debba essere per tutti. Chi deve fare del bene lo deve fare per tutti. Per noi adesso c'è il Libano che è ferito e la gente letteralmente sta morendo perché gli mancano le medicine, quindi stiamo raccogliendo sia medicine, sia fondi per aiutare le persone che non riescono a entrare in ospedale, magari per fare le analisi oppure qualsiasi cosa. Purtroppo non c'è un sistema che prima di entrare in ospedale si deve pagare in contanti. Il popolo libanese era un popolo benestante il problema è che anche lì le banche sono andate in default e quindi il popolo libanese non riesce accedere al loro denaro in banca. […]

Laure Keyrouz:

Volevo dire: benvenuto a tutti, anche quelli che sono nel salotto. Questi incontri sono nati con incontri di persona, cioè che ci vediamo, interagiamo e per fortuna adesso attraverso lo screen riusciamo anche andare al di là. […] Aldo Lo Curto è un amico molto caro che ho conosciuto i primi anni che ero qua a Venezia attraverso un'altra amica e l'ho conosciuto come medico volontario che lavorava tutto l'anno come medico di base, poi dedicava la sua vita andare in Amazzonia a curare nei posti proprio molto difficili da raggiungere. L’ho contattato appena tornati dal Libano che, come diceva Amal, si deve vivere le cose sulla propria pelle. […] Ha conosciuto Madre Teresa di Calcutta e ultimamente mi ha mandato un articolo molto interessante, immaginavo che sarebbe andato in Ucraina. Grazie ad Aldo sono potuta andare in estate a portare aiuti al mio villaggio e ho continuato a mandare aiuti. Come diceva Amal questo shock tornata dal Libano e non potendo più vivere là, va a sanare una ferita.

Aldo Lo Curto:

Ringrazio per l’invito. Mi scuso perché non ho moltissimo tempo a disposizione. Allora bisogna avere il dono della sintesi. Come dicevi tu Io sono un medico di famiglia che ha trascorso negli ultimi 40 anni sei mesi in Italia e sei mesi nei paesi in via di sviluppo. Sono circa una trentina i paesi dove io ho prestato servizio gratuito e purtroppo tra questi non c'è il Libano. Qual è stato il mio interesse verso il Libano, è stato quando è arrivata, siccome io sono anche un chirurgo plastico ricostruttivo, ho sempre operato lebbrosi nella mia esistenza di medico specialista, nel terzo mondo, quindi non in Italia, non chirurgia estetica. Arriva una a Milano, in uno degli ospedali più importanti di Milano viene portato dalla Croce Rossa Italiana, una signora libanese di religione musulmana, che durante un bombardamento degli israeliani al confine io credo che il Libano, scusate la mia ignoranza in geografia, ma credo che abbia un confine con Israele. Questa donna torna dopo che è caduta questa bomba nella palazzina dove abitava, ha perso in un'unica giornata quattro figli e si era completamente spappolata la sua spalla, quindi la croce rossa, che allora aveva un corridoio umanitario dal Libano l'aveva portata a Milano e io poi conoscevo dei colleghi, mi hanno chiamato e quindi sono diventato amico della famiglia di questa donna perché è arrivata estremamente depressa, perché aveva perso in un colpo solo quattro figli. Una donna sui 40 anni che ha avuto poi il coraggio di fare ancora un nuovo figlio anche questo io l’ho apprezzato moltissimo e quindi siamo rimasti in contatto e io periodicamente l'aiuto, ho appena inviato un aiuto economico, lo faccio soprattutto nei periodi di ramadan. Nell’ambito di questa occasione mi aveva contattato il console del Libano, c’era la segretaria del consolato libanese a Milano, con cui avevamo iniziato un discorso per poter andare. Però quando io potevo andare c'è la guerra con la Siria. C’erano i siriani che bombardavano per cui io continuo a rinviare perché non ho mai operato in zone in cui c’è guerra. Questo è il mio principio. Cioè ho sempre operato nei paesi in cui c'è estrema povertà, ma non c’è guerra. Perché quando c’è guerra una persona individuale come me può fare ben poco e quindi è un qualcosa che si disperde, secondo me, e che non può dare molti frutti, questo è un mio parere. Sono d'accordo con quello che diceva la signora prima, che poi ricalca quello che diceva Madre Teresa, però io non sono un grande sognatore. Distinguo due tipi di sognatori: chi sogna con la testa tra le nuvole e i piedi per terra e chi sogna con la testa tra le nuvole e i piedi pure tra le nuvole e allora è molto difficile che riesca a realizzare quello che vuole fare o il suo sogno. Per cui mi sembrava più utile aiutare il Libano pur non conoscendolo, aiutando i libanesi in Italia. Ho apprezzato molto poi la regione da cui tu provieni in cui è nato, se non ricordo male, ha vissuto Kahlil Gibran e allora quando tu mi hai detto non ci sono assolutamente farmaci, cuciono i bambini quando si feriscono senza anestesia, allora poi mi sono attivato e ho raccolto farmaci non scaduti e nemmeno iniziati, sono confezioni intere, che porto periodicamente a te, oppure se vuoi, visto che Brescia è più vicino, a questa diciamo signora che vuole fondare un'associazione a Brescia, basta solo darmi i dati io posso portare periodicamente durante l'anno i farmaci. Riguardo al discorso dell’Ucraina, dopo tre settimane, quando ho visto che c’erano decine di persone che partivano, era finito il lockdown e allora è come se io mi fossi svegliato da un letargo che durava due anni. Perché io per due anni ho fatto volontariato in Italia andando ad aiutare associazioni umanitarie in Sicilia, io sono di origine siciliana. Che cosa è successo, ho incontrato casualmente un mio amico infermiere, che mi ha detto: io ho deciso di andare lì a portare medicinali. Allora li raccolgo anche io. Lui mi ha messo in contatto con una mia ex paziente, che era della Polonia, polacca, e abita a 10 km da un paese che è un posto di confine a 10 Km tra Polonia e Ucraina. Per cui, praticamente, noi un venerdì sera siamo partiti come dei fuorilegge perché avevamo la macchina piena di farmaci non avevamo nemmeno un documento che fosse una ricevuta, una dimostrazione che questi farmaci erano stati comprati, per cui l'unica cosa che avevamo erano due articoli di giornale che parlavano di questo nostro viaggio umanitario e avevamo messo sulle sugli scatoloni la bandiera dell'Ucraina, sperando di non avere problemi. Siamo partiti la notte di venerdì, siamo arrivati il giorno dopo attraversando: Austria, Repubblica Ceca e Polonia, fino arrivare quasi al confine e lì abbiamo incontrato una fondazione. Abbiamo avuto il piacere di incontrare dei volontari che sono degli eroi perché tutte le mattine attraversano il confine e vanno a Leopoli che è a 15-20 km. Attraversano l'accerchiamento dei russi, perché ci sono dei corridoi umanitari e consegnano ai civili medicinali e cibo. Abbiamo raccolto anche €2000, che abbiamo donato. Loro hanno fatto una regolare ricevuta e che io poi ho mostrato ai media […] Uno dei familiari di questa mia ex paziente era dura un funzionario della dogana ci ha portato il momento Ghana è ancora in auto che ci ha stupito perché era una cosa di km di automobili che andavano dalla Polonia verso l'Ucraina. Ok che vivono in Polonia avevano due in cui abbiamo raccolto i fondi e loro hanno detto se lei ce li da noi possiamo comprare più cibo nelle ditte che lo fabbricano, piuttosto che comprarlo al supermercato. Quindi è stata solo una consegna, siamo andati, ci siamo fermati una notte. Il giorno dopo lui ha voluto uno dei familiari di questa mia ex paziente che era addirittura un funzionario della dogana. Ci ha portato proprio in dogana e abbiamo trovato una coda enorme di auto che ci ha stupito perché era una coda di 1 Km di coda che andava dalla Polonia all’Ucraina in piena guerra. Ho chiesto come mai queste auto stanno andando dove ci sono le bombe, e il doganiere ha detto questi sono ucraini che vivono in Polonia, avevano due auto e ne stanno donando una al governo, perché i russi hanno distrutto tutte le auto, io sono rimasto stupito anche per l’altruismo e il patriottismo di queste di queste persone. Tra l'altro perdevano ore e ore nella coda perché nel donare l'auto, la dogana ucraina controllava bene che non fossero auto che erano state rubate, quindi c'era parecchio da aspettare per vedere se questa documentazione fosse regolare. Questa è la mia brevissima esperienza in Polonia in favore dell’Ucraina. Molte volte io nel corso della mia vita, diciamo di volontario, a titolo individuale, pur non avendo visitato un paese, ho aiutato a distanza. Molte volte penso che questo sia uno dei modi anche per aiutare. Faccio un esempio: sto facendo studiare un ragazzo in Madagascar, però manco da 2 anni, però continuo a sponsorizzarlo. Secondo me ci sono decine di modi per aiutare, non è necessario fare quello che faccio io, o quello che fate voi. Se noi andiamo un po' fuori argomento e parliamo di volontariato, di farsi prossimo, di altruismo è sufficiente anche non fare nulla per fare volontariato. Io conosco persone che non fanno nulla, però ha lasciato scritto che quando muoiono doneranno i loro organi. Termino con una speranza perché per me la pace e la guerra ci saranno sempre, la storia è un susseguirsi di pace e guerra quindi è inutile illudersi che la pace avrà il sopravvento, però noi almeno siamo tra quelli che tifano per la pace. Ricorderò sempre ad un convegno di cardiologia che qualcuno dei relatori, un farmacista ha raccontato che un palestinese era seduto al bar, dei terroristi sono passati e hanno sparato, questo è morto e dopo alcune ore hanno espiantato gli organi e hanno trapiantato il suo cuore ad un israeliano. Questi sono episodi che fanno sperare. Chiudo con questi episodi a cui ho assistito personalmente oppure ho documentazione. Scusandomi per la lunghezza, sono quarant’anni di attività e non è facile riassumere.

Elena Dell’Andrea:

Grazie mille, buon lavoro. Adesso cominciamo un po' ad entrare nel vivo del progetto 59 steps for Peace. Pensavamo di parlare adesso, appunto, con Irina e poi vedere il film alla fine in chiusura e dopo il film ci sarà una breve performance. Conosco Irina Danilova dal 2013, anche Rocco Sciaudone la conosce e Raffaella Lo Sapio che si sono collegati da poco. L’anno seguente l’ho accompagnata in giro per Venezia con il marito Hiram Levy. Ricordo che era impegnata nel suo progetto sul numero 59 ed in quel periodo stava percorrendo nelle maggiori città 59 km disegnando il n. 59 nel percorso su Google maps. Prima di partire lei mi ha fatto una richiesta un po' particolare chiedendomi se conoscevo qualche ponte di Venezia potesse avere 59 gradini e sulla base diciamo di questa richiesta, un po' incuriosita, mi sono messa a cercare di verificare quale ponte di Venezia avesse 59 gradini. Io mi occupo anche di un progetto anche che si chiama Ponti e attraversamenti con Rocco Sciaudone e ho disegnato anche delle mappe appunto di Venezia con tutti i nomi dei ponti scritti. Incuriosita da questo un giorno, siccome mi aveva anche detto guarda il ponte di Rialto è stato terminato nel 1591 una data appunto che contiene il numero 59, niente ho verificato che il Ponte di Rialto da un lato particolare ha 59 gradini. Sulla base di questo ho girato un video a partire appunto dal gradino più basso per arrivare in cima al ponte di Rialto e ho mandato questo video a Irina che poi mi ha inserito un po' nel suo progetto a supporto dell’Ucraina. Prima di far parlare Irina di questo progetto vi racconto che durante questi ultimi mesi, Irina è stata anche in Italia e ci siamo incontrate a Venezia durante il periodo della Biennale e Irina mi ha dato un libro 59 brides e questo libro praticamente raccontava un altro progetto di Irina. Erano delle foto che rappresentavano delle spose e a fianco c'era anche il marito di Irina. Queste spose erano state fotografate sia in Ucraina, quello che mi ha colpito era che queste foto erano state fatte sia in Ucraina, che in parte a San Pietroburgo e anche a Mosca, e in America. In base anche proprio a questo libro ho pensato a una metafora sul futuro, in quanto, come in un matrimonio per raggiungere la pace bisogna comunque trovare un accordo. Adesso vediamo e ascoltiamo quello che Irina ha da raccontarci e da mostrarci su questi progetti. Grazie Irina.

Irina Danilova: 29’39’’

Thanks a lot. It’s not easy to move from real suffering or recollection from real suffering and the real suffering that happening right now during war in Ukraine in this moment. Probably people losing their lives, a lot of distructions going on, but we have to go on with our art. I’m Irina Danilova and here he’s Hiram Levy we are collaborating in many projects and project 59 was started in 1995 because of the switch of two numbers It was playful project.

[Irina ed il marito Hiram si stanno presentando hanno lavorato sin dal 1995 a questo progetto 95, che è il contrario del numero 59. Condivisione dello schermo https://www.irinadanilova.net/RialtoBridge.html ci stiamo muovendo dalla Guerra verso la pace]

Basically we are going slightly from the war into peace. So, Rialto bridge project starting actually during the time pre war. And started with truly international project, because Elena was part of this collaboration, a very active part, and was concepted during our walk around Venice in 2015, during one of the Biennials it was like a conversation between us, up this walk and then Elena found this bridge. That happened to be built in 1591, designed by Architect Antonio Da Ponte and he died in 1597, which also included 59. So generally project 59 is a playful project, so its project is full of different coincidences and, you know, playfulness, playful ideas.

[Il progetto è un progetto che si muove attorno al numero 59, ma non fermo in un’unica modalità di presentazione, quindi può essere un video, oppure può essere anche qualcos'altro, però è sempre legato a questo numero]

So, the question was Venice has so many bridges, if any bridges have 59 steps up and I asked Elena because she was living in Venice at the time. And here https://vimeo.com/696298564 was Elena sending me late, the video when she found the only way to go up the Rialto bridge with 59 steps.

Elena in 2020 sent me this video and this project was kept for the 59’s Biennial that was passed polled already because of the covid, and definitely it started unfortunately during the war in Ukraine. I hope it will not repeat the Biennial of 1942, of years ago there was two Biennale was actually during the war, in 1942 and the next Biennial, after stop, in 1948.

[Questa biennale è la 59, durante la quale è stato presentato questo progetto per quello è anche legato con Venezia e comunque diciamo il periodo della Biennale si è collegato con il dialogo che abbiamo avuto io e Irina e ci sono state altre biennali durante le quali c'è stata la guerra negli anni ‘40]

Here it’s our project. Hiram and I one day went to the bridge and the idea of the project was to offer a free tour up the bridge, and to the top of the bridge a free tour of 59 steps. Of course preparing this performance during the war, we also advertise support of Ukraine.

[Hanno organizzato questa performance accompagnando in un tour le persone che stavano lì, ovviamente per supportare l'Ucraina e facendo questo tour di 59 gradini del Ponte di Rialto con una performance]

So we mind the steps and we standing offering this free tour and actually I have to say the fist group of people who is right here are from Lebanon and this guy is from Armenia. Basically zones, war zones, hot zones or possible war were the first kind of like reflective to our project.

[Soprattutto le persone coinvolte nelle guerre sono le persone che hanno capito e avuto modo di riflettere su questo progetto. Infatti nella foto ci sono due persone una del Libano e l’altro dell’Armenia e anche un gruppo di rifugiati Ucraini erano molto colpiti e grati per questo tour]

And Ukrainian refugees also paid attention. They were grateful that we supported Ukraine at this time.

40’ Performance was builded by Raffaella Lo Sapio and she donated this flag of course about peace and that was very nice. The project itself […] was supposed to be in real life and Raffaella was very supportive. Thank you Raffaella.

Raffaella Lo Sapio:

Conosco Irina ormai da quasi 15 anni abbiamo collaborato insieme a Roma a Studio Ra, la mia associazione no profit. Lei è stata una delle prime ad organizzare eventi a Roma sul numero 59. Ha realizzato videoprioezioni, video di 59’, un tour con googlemap a Roma sul numero 59 e poi ci siamo visti a Campagna da Angelo Riviello, lì è stata un’esperienza indimenticabile. Lei con Hiram ha lanciato dei palloncini con il numero 59 nel cielo. Praticamente il 9 si è rovesciato e sembrava un 6 il mio anno di nascita, 56. Diventa una cosa che ci unisce, in simbiosi. Quest’anno in particolare ci siamo viste alla Biennale delle Murge e anche quella è stata un’esperienza per lei, ecco in America sono molto avanti rispetto all’entroterra Pugliese. Per lei è stato un ritorno nel passato, per me una bella esperienza, perché ci sono le mie radici. Alla fine è stata anche per lei un’esperienza nuova e siamo riusciti ad avere dei bei cataloghi, che sono riuscita a consegnare sul ponte di Rialto in questa occasione e poi gli ho dato la bandiera e ho consigliato di fare il possibile per andare a vedere la 59 Biennale e lei non poteva sicuramente mancare.

Irina Danilova: 45’

I have a very good relationship with Italy and Italian artists and Raffaella is part of it in Italy. I wanna to go back to war because when war started, of course my playful project actually I have to say thank you 59 Biennale because it was a moment when I have to do project, thank you to Elena, thank you to Raffaella supported this project, thank you to all my friends all around the world supported because it was very difficult to do a regular work. And the first work that I created national flags. It was created on the first day of the war because I’m in shock. It was a cry, it was a literally cry for hell, because in 1944 USA, UK and Russia signed up an agreement with Ukraine, or let's say Ukraine signed up an agreement with those three countries, that Ukraine will be de-militarized. So Ukraine, I mean, some of my Ukrainian friends say that it was idea of USA, you know, they were war interested in it but, on another side, because Ukraine use to have atomic power as well and atomic bombs and you know a lot of military plans but they give all of these military weapons included atomic to the Russia, so I don’t know how much USA could actually get from it. But anyway it was agreement that Ukraine will not have any nuclear bombs, Ukraine anymore will not have any heavy weapons and of course three countries USA, UK and Russia signed up that if anything happens to Ukraine they will support it and defended it. So that is why my cry was of course to countries that were going like Poland, was waiting for some place, of course with the help of the USA. I don’t think ever when the war ends the Russian flag just stops this body aggression, so this is my cry for help and for stopping and then later I came up with this video and I went to places I would like to show this video. It was at the Russian consulate. [ I decided to project a video of the flood of blood over the image of the Russian flag onto the Russian Consulate in New York. The video was completed on March 31, but it required another month to locate a battery-powered projector and assess the situation surrounding the Russian Consulate and the Moscow Patriarchate Church. https://www.irinadanilova.net/WarInUkraine.html ]

[Praticamente è il suo pianto nei confronti della situazione che sta accadendo. L’ucraina doveva essere completamente smilitarizzata, cerco di fare un riassunto delle cose essenziali. In teoria questo non doveva accadere, perché tutte le armi più pesanti, anche quelle nucleari, erano state completamente levate dall’Ucraina e doveva essere un territorio libero da queste armi e quindi questo non doveva succedere.]

It was at Russian Consulate in New York. [Il video è stato fatto davanti al consolato Russo di New York]

And going back to our kind of peace at least. Before the war in Ukraine there was a project that we made together with Hiram. So the project that was made with Hiram 2005-2008 it was a project that involved 59 brides. Basically it is our first collaborative project and this project was this is our literally first date and the bride on the back was, you know, not conceptual and then we were traveling around, and Hiram was kind of collecting number of the brides, basically it was kind of like research project in a way, bride culture of wearing, bride culture and you know any also pictures with later created our catalog with this pictures and this is actually the presentation of catalog. So a couple of pictures, this is Hiram’s favorite bride, on the left. Some pictures were taken in Ukraine. So this bride came from Ukraine, from Karchiv, my native city Karchiv. That is mostly destroyed right now. I don’t know what you see of Karchiv.

[Queste foto sono state fatte proprio a Kharkiv che adesso è praticamente distrutta]

This is a very famous constructivist building in Kharkiv. [ Questi sono famosi edifici costruttivisti a Kharkiv] Karchiv was capital of Ukraine 1918 to 1936.

Some pictures were taken in Israel as well. And here Karchiv again, a beautiful garden in Karchiv so you could see it was prosperous city. This is Hiram’s homeland Davenport in New York. This is Saint Petersburg. A lot of pictures from Karchiv. [ Queste spose sono state fotografate, per questo progetto è stata fatta una ricerca sulle spose. Alcune foto sono state scattate proprio a Kharkiv ma altre sono alternate appunto con luoghi come Israele, New York da dove viene Hiram e San Pietroburgo. Quello che aveva colpito me vedendo questo catalogo, questo libro, è stato proprio sfogliare la pagina, nella pagina prima c’era la sposa a Kharkiv e la pagina dopo a San Pietroburgo]

And I would like to finish with pictures that came to the poster of this event. Is absolutely another coincidence that not only the yellow T-shirt but also the yellow bag and the surprising bride was actually in a blue dress that together makes again colors of the Ukrainian flag. Thank you very much. I would finish here.

[La sposa, come vedete è vestita di blu ed è stato un caso che comunque ci fosse la borsa gialla e la maglietta gialla, e questo ha rifatto la bandiera Ucraina ed è la foto che abbiamo scelto come locandina]

This is our catalog and the designer of this catalog (Mykhailo Kvitka) is also from Kharkiv who is now in Kharkiv, and didn't want to leave Kharkiv. I really hope that Kharkiv wakes up with the sunshine and the beauty again.

[ Anche la persona che ha realizzato il catalogo è di Kharkiv, non ha voluto lasciare Kharkiv, è ancora là. Irina spera che ritornerà presto a splendere il sole e tornerà il sereno ]

And it was printed in Kharkiv as well. Thank you very much.

Gino Zangrando:

Good evening and thank you for this conference. I have a little big question is not about the war. War is a terrible situation in Ukraine, I don’t speak about this but I ask you a question about your art and you love the number 59. I don’t understand why, why do you like this number?

Irina Danilova: The answer is why not? [La risposta è perché no?] 56’44’’

Here is a picture of this work. In reality it was supposed to be a one year project. It was a concept of one year, the year was 1995. I turned around and wanted to be straight forward 95 and want to be more playful, that's how it started and never finished because it was very universal in a way because I didn’t get specific fields or issues but I could apply numbers in our numeric digital era, I could apply numbers to anything pretty much.

[Essendo che ha cominciato nel 95 hanno invertito la data ed è diventato 59. Doveva essere il progetto di un anno però da lì è partito e sta continuando ancora anche perché comunque lo ritrovano continuamente]

Is substitute for anything, also, you know, how say, I used as, you know, for any issue. I literally work with it. And also I work with life as base art and 59 it’s kind of like default art life events into art. It helps me, I just mention several coincidences for example, or several events like Rialto bridge and some kind of events that you never had if you don’t have this project.

[Aiuta a tradurre gli eventi della realtà all’interno dell’arte e a tradurre quello che succede come per esempio il progetto del Ponte di Rialto non avrebbe avuto una traduzione se non ci fosse stato il tramite del numero 59]

59’!: It helps decode creative projects processes. [Aiuta a decodificare il processo creativo]

Elena Dell’Andrea:

Allora andiamo avanti un po' parlando un attimo con Adua Martina Rosarno e Amedeo Fernandes, poi parliamo anche con Alessio Scotti e chiudiamo anche con Elisa Vladilo e poi alla fine con Monica Macchi. Allora faccio vedere i lavori che sono stati fatti proprio qui da Adua e Amedeo, che hanno realizzato proprio qui, questo settembre il loro lavoro.

Amedeo Fernandes:

Amedeo qua abbiamo voluto anche affrontare il tema della fusione tra due opere differenti e quindi l’affrontare le diversità. Di due opere differenti, raggiungendo anche un compromesso, abbiamo voluto crearne una che fosse anche differente, non solo la fusione tra le due, ma che fosse una terza opera completamente differente. Ogni volta che viene montata e rimontata, ogni volta cambia e diventa sempre un’opera nuova in base a come si creano gli intrecci.

Adua Martina Rosarno:

Come metafora fondamentale la terza opera nasce da due opere diverse, create da due artisti diversi con caratteri diversi. Ci piace pensare al risultato dell’opera come a un compromesso tra due caratteri diversi, quindi, si sà che per comunicare, per avviare un rapporto positivo, bisogna trovare un punto in comune allora la nostra diversità di carattere sfocia in questo compromesso in questo punto in comune, che poi da il via ad un nuovo dialogo e ad un nuovo rapporto.

Elena Dell’Andrea:

Faccio intervenire Alessio. Vi faccio vedere le foto del lavoro a cui sta lavorando Alessio Scotti. Alessio vuoi parlarci del tuo lavoro e poi ci mostri anche mentre fai qualcosa.

Alessio Scotti :

Buonasera a tutti, mi presento, sono Alessio, ringrazio Elena di avermi invitato qui in questa splendida riunione tra amici artisti e spero di conoscervi di persona. Il tema che stiamo trattando oggi è proprio questa sorta di distruzione che porta la sofferenza. Stando a casa, quando tu guardi la tv, io ho mia figlia davanti, la vedo giocare con oggetti di ogni tipo, e quindi voglio esaltare in questa opera l’inconsapevolezza, l’innocenza che può avere anche un bambino. In questo caso questo è un ordigno esplosivo. Questo è un ordigno esplosivo reale, simbolo di distruzione e di morte. Io vedo mia figlia che guarda questo oggetto come se fosse un gioco. E’ proprio questo che io voglio mettere in risalto, perciò la mia opera si chiamerà l’infante. Perché questo pezzo si completerà con il soggetto che sto realizzando in questi giorni. Una bambina che guarderà in maniera del tutto spontanea un oggetto che provoca distruzione e morte. Pensare che qui c’era del materiale esplosivo, io lo sostituirò con una luce bianca che uscirà dall’interno di questo proiettile di mortaio. Io lavoro sempre con materiali che possono essere il gesso.

Questa qui è l’opera che stavo spiegando prima dal titolo l’infante che è in esecuzione. Io lavoro con la scultura, vengo da una tradizione di scultura perché ho seguito le impronte di mio padre. Mio padre lavorava con i gessi e quindi io sono molto legato alla tecnica della formatura che poi è alla base della scultura. Quindi cerco di fare almeno le cose basilari rimanendo sempre legato un poco ad una certa tradizione. Amo lavorare con gli oggetti che mi regala la natura, in questo caso ho trovato questo ulivo secolare. Io ho casa in mezzo agli ulivi, e ogni pianta mi dà un’opera diversa. Questa la renderò un oggetto d’arredo, perché credo che l’arte sia anche questo, creare oggetti che poi devono andare ad arredare le nostre case per dare gusto, senso di piacere ottico. E’ un’arma vuota che diventa oggetto d’arredo.

Beatrice Monastero:

Era un connettermi per presentare la nostra futura mostra, che svolgeremo qui in connessione alle mostre che si fanno praticamente ogni anno dal 2009 con Inchiostro e pietra e ora continuiamo. Ci stiamo radunando, riaprendo nuovamente un’associazione un po' decaduta ora abbiamo un altro nome, si chiama RADICA. Il mio intento, il nostro intento, è quello comunque di rivalutare e andare a lavorare su quello che è il territorio locale. Quindi rivalutazione della zona, delle zone paesaggistiche, culturali, delle zone rurali, abbandonate, de popolate. Però queste zone, ora come ora, sono anche centri urbani, quindi creare una connessione tra artisti, creativi, letterati e chi più ne ha, più ne metta, che agiscono insieme, appunto per creare cultura. Cultura con la chiave dell'arte contemporanea. Volevo connettermi a te Alessio perché appunto la prossima mostra si terrà il 10 luglio e il tema è molto simile a come tu tratti il significato legato agli oggetti. Non vi svelo troppo del tema, il titolo sarà refunction, re-function in quanto c’è una e capovolta, e tratta di come l’identità, cosa sia insomma anche la domanda che porrei a tutti voi artisti, a tutti noi. Cos'è l'identità ai giorni nostri, quando l'identità è sempre cambiata dal ruolo che una persona ha o dall'uso che si fa di un oggetto. Quindi tu parli di questo pezzo di bomba che è usato come un giocattolo, in diversi contesti sociali usato da diverse persone, questo oggetto acquisisce identità diverse. Così come il nostro fluire nella giornata quando siamo studentesse, professori, madri, padri, amici, nemici e le etichettature attraverso cui ci muoviamo ci pongono nella stessa linea dell’oggetto e quindi anche qual è l’oggetto e qual è il soggetto. Dal punto di vista mio ci saranno molti oggetti trovati soprattutto lungo il fiume Piave, quindi uso molto ciò che mi dona la natura muovendomi in questo ambito concettuale artistico. Ci saranno anche altri artisti, molti performer, danzatori, teatranti, Land Artist, comunque vi condivido anche il concetto pian pianino chi vuole partecipare ed è interessato anche con qualche opera letterale o comunque da stampare e presentare nel catalogo che verrà è sempre benvenuto.

Alessio Scotti:

E’ una bellissima idea. Questo è il nostro modo di comunicare: creare con oggetti che siano ritrovati o non creati è proprio la funzione dell'artista. In quanto insegnante mi ritrovo ad insegnare nelle scuole medie e ho a che fare con i bambini. Dopo un po’ questa è una scelta quella di rimanere con i bambini piccoli, perché noi là dobbiamo andare a cercare di cambiare, di andare a formare questi ragazzi ad amare l'arte.

Beatrice Monastero:

E a trattare il gioco in maniera seria e la vita in maniera giocosa. Un gioco comunque serio. Questa linea sempre concettuale tra le parole che usiamo. Insegnare alle medie è insegnare ai bambini e soprattutto insegnare a noi stessi ad esserne all'altezza.

Gino Zangrando:

La tua idea da noi è anche un’idea di artigianato povero pericoloso. Noi siamo sul fronte della Grande Guerra (Piave). Qui con la guerra si sono sparati milioni di proiettili, colpi di artiglieria, dopo la guerra moltissime persone hanno costruito oggetti di uso quotidiano con residuati bellici, dall’elmo alla bomba. Quindi in un certo senso a questi oggetti veniva data nuova vita e la loro trasformazione qualche volta anche nuova morte perché gente lavorando con queste cose qua si è fatta male o è morta. Adesso c’è qualcosa di più per i collezionisti, ma una volta ci stava questo discorso qua. Si ricollega con il territorio. In più con scaglie di bombe ha realizzato monumenti anche un po’ kitsch per ricordare i caduti. Persone con buona volontà per onorare i caduti e la pace. Abbiamo sul nostro territorio queste cose qua particolari, molto vicine alla tua idea di arte.

Alessio Scotti:

Pensa che questo oggetto ce l’ho da almeno 20 anni e ha assunto molteplici funzioni da porta ombrello a fioriera ed era arrivato il momento, doveva comunicare.

Raffaella Lo Sapio:

Anche Roma è molto adatta per questo tipo di interventi artistici. Ci sono cassonetti che traboccano di oggetti che non si utilizzano più, si trova parecchio materiale.

Alessio Scotti:

Nelle grandi città. Io ho avuto un’esperienza, ho visitato alcuni paesi dell’est tra cui la Moldavia, la Romania e l’Ungheria e in particolare ho dei bellissimi ricordi di questa città Kizinau che è la capitale della Moldavia. Una città nonostante tutti i problemi legati alla precarietà del lavoro c’era una gioia della semplicità, della quotidianità. I bambini giocavano con i caruociuli carriole con le rotelline di legno che 20 anni fa si usavano in Italia. Queste cose qua ci sono ancora e hanno un valore sociale di unione ad un oggetto che è molto povero come una tavola di legno.

[…]

Elena Dell’Andrea:

Presentiamo velocemente il lavoro di Elisa Vladilo.

STITCHING THE BORDER|CUCIRE IL CONFINE è il progetto di Elisa Vladilo curato da Werner Koroschitz e Uli Vonbank - Schedler che si è realizzato lungo il confine italo-sloveno, l’8-10-2010. “Quando abbiamo iniziato a parlare del progetto SEPARAZIONI, pensando alle linee di confine dei tre paesi coinvolti nel progetto, Austria, Italia, Slovenia, ho subito pensato che in realtà questi confini è come se non ci fossero più. Negli ultimi anni, progressivamente sono state eliminate le frontiere tra diversi paesi europei, e introdotta la moneta unica. In questo modo le linee di confine è come se avessero perso parte del loro significato e della loro funzione, poiché se in passato poteva essere più problematico oltrepassarle, adesso non lo è più, e restano semplicemente a simboleggiare il limite di un territorio, cioè una separazione tra un paese e l’altro, contenente culture, lingue, e costumi diversi tra loro. Le zone di confine, sono comunque sempre un’area di sfumatura, nel senso che qui si trova facilmente una commistione tra le due diverse nazionalità. Pensando a questo confine che c’è e non c’è allo stesso tempo, mi sono vista una specie di “cucitura” sulle linee di confine, a simboleggiare una ricucitura dei territori, una riunificazione più effettiva e profonda, nel rispetto delle identità, riportando la terra all’unità originaria, frazionata dagli uomini nel corso del tempo. La cucitura me la immagino fatta a punti incrociati, grandi, colorati con toni caldi, arancio e giallo; una cucitura ironica, ludica, allegra, sdrammatizzante, propiziatoria ad una felice coesistenza. I colori caldi sono sia per trasmettere appunto le qualità di gioiosità e positività, ma anche per completare e quindi dialogare con i toni di colore di solito prevalenti nella natura, cioè verde e azzurro. La dimensione dei punti è in scala col territorio, e il materiale utilizzato è nastro colorato, per sottolinearne l’intento gioioso, festoso, e leggero.” (pubblicato su press release UNDO.NET)

with Present or Just work in Fast o bellissime present the work fast of Elisa Vladilo curato da (cercare paper)

Laure Keyrouz:

Finalmente Monica, ti abbiamo fatto aspettare abbastanza. Monica Macchi è laureata in Scienze Politiche, Indirizzo storico internazionale e successivamente diplomata all’ IstMEO, Istituto per le lingue del Medio ed Estremo Oriente. Ha studiato in vari paesi arabi tra cui lo Yemen, la Siria e l’Egitto. Si interessa particolarmente alla situazione palestinese a cui ha dedicato una mostra fotografica, incentrata sulla vita quotidiana dei profughi palestinesi nei campi libanesi ed esposta alla mostra di Mantova del 2008, 40° anniversario. Collabora con l’associazione culturale Araba Fenice di Milano con recensione di libri, socio fondatore di Forma cinema e curatrice della sezione sul cinema Medio Orientale, redattrice di Historia Magistra, autrice di teatro ha diretto e presentato spettacoli inseriti nel progetto donne teatro. Ti passo la parola abbiamo parlato di fare questo omaggio alla Sharin, la giornalista.

Monica Macchi:

Io sono qui, faccio parte, oltre alle cose che ha detto Laure, del collettivo Nasra. Nasra è un collettivo che, ormai arrivato alla 4° edizione, un Festival di corti dalla Palestina e sulla Palestina. Siamo un Festival itinerante, ci spostiamo in varie città e la nostra idea è quella di proporre corti, perché è un linguaggio cinematografico molto nuovo, molto dinamico, che funziona molto bene anche nelle scuole. Anch'io sono insegnante, insegno italiano agli stranieri e mi occupo di mediazione culturale. Anche perché la nostra idea è quella di Nasra. Nasra è un termine arabo che significa sguardo quindi l’idea è di mostrare i palestinesi come soggetto dello sguardo, quindi i palestinesi che decidono loro cosa e come mostrarsi, ma anche lasciamo un po' in lingua originale perché la texture della lingua araba e dei diversi dialetti, il suono delle parole, ma anche come loro le pronunciano, è molto importante e molto particolare. Ma visto che gli italiani sono abituati al doppiaggio anche una sorta di educazione a imparare a gustare il film in lingua originale. Noi ormai siamo alla 4 edizione abbiamo un catalogo che utilizziamo spesso nelle scuole o in altre situazioni e la nostra idea è quella di mostrare anche una filmografia di altissimo livello, recentemente Netflix ha acquistato 25 corti di film palestinesi da mostrare tra cui alcuni candidati alla cinquina degli Oscar. Per cui una filmografia molto importante e molto diversa, troverete fiction, corti d’animazione, corti in 3D, documentari classici, misti con animazione, per cui veramente un catalogo molto vasto e una produzione artistica molto vasta. Il film che ho scelto per voi questa sera ricalca molto i temi di cui abbiamo parlato fino ad adesso, la guerra, ma anche come la guerra irrompe nella quotidianità e trasforma la quotidianità, il fisico e anche la mente, oltre che il linguaggio. Il tema ho sentito prima dei confini, per la Palestina si parla di geografia anarchica della frontiera perché con i check point viene continuamente modellata e spostata. E proprio di un checkpoint si parla in questo corto, ma si vede anche come l’arte nella Palestina e della Palestina permea di sé la vita quotidiana. Vedrete pezzi legati al cibo, alla musica, alla scena che dà l’avvio al cambiamento di tono del film e vedrete anche il tema dei cecchini. Per cui come è stato nel caso di Sherin come l’idea delle armi così diffuse e così utilizzate nella quotidianità arrivi a cambiare di colpo la vita di una famiglia e di un intero popolo e questo è il contenuto. Però ho scelto questo film perché il regista è un direttore della fotografia per cui oltre al contenuto riesce ad esprimere la texture della guerra e della Palestina. Lui ha scelto di farlo attraverso delle inquadrature che sono sempre delle inquadrature all’interno di qualcosa, di un finestrino, del telaio della porta, per cui già questo fa capire come la Palestina sia una gabbia per la vita dei palestinesi. Quindi l’idea di questo film di finzione, ma ispirata ad una storia vera, a un amico del regista sia drammaticamente attuale rispetto a Sherin, ma sia anche oltre al contenuto ci sia modo di permettere all’arte di sublimare anche questioni politiche e questioni sociologiche come la guerra, l’occupazione, le armi e l’irrompere nella quotidianità. L’ultima cosa è il titolo. La lingua araba per chi la conosce come me e ne è innamorata è una lingua polisemica e queste tre radici indicano proprio la chiusura, il confine, quello che non può essere superato e quindi anche l’idea di usare la parola ed il titolo in arabo sta a significare di nuovo un omaggio all’arte e un omaggio alla lingua che nel caso particolare dell’arabo è una vera e propria forma d’arte.

 

Monica Macchi , (NAZRA rappresentato da Monica Macchi), Video “Mariam” (5’) di Dina Durr

 

 

 

Prima versione

Conference 59 steps for peace, trascrizione della conferenza. Sabato, 28 maggio · 6:00 – 7:00PM

E. Dell’Andrea:

Grazie a tutti di essere qui. Questa sera presentiamo questo caffè letterario. L'idea di organizzare questo caffè nasce dall' incontro con l'artista ucraina-americana Irina Danilova che adesso si trova appunto negli Stati Uniti. Ringrazio anche inchiostro pietra blog e Magazine ideato da Laure Keyrouz e l'associazione Radica nata da un'idea di Beatrice Monastero, quì presente. Beatrice farà anche una performance con Laure, già sensibile al tema dei conflitti, in quanto il popolo libanese si trova ancora in una situazione di tensione. Entrambe ci hanno offerto questa occasione di dialogo. E’ presente anche  Amal Baghdadi, architetto, da 32 anni a Brescia, ha creato un ponte di solidarietà con la raccolta di fondi e medicine per il Libano. […]

Amal Baghdadi:

Io sono Amal, vivo in Italia da 33 anni ormai sono andata in Libano dopo 3 anni, nel 2021 a dicembre, ho scoperto la situazione in Libano. È completamente diverso quando uno vive una situazione, quando si rende conto veramente della realtà e sicuramente io non credo veramente che nessuna persona al posto mio poteva fare qualcosa di diverso da quello che ho fatto. Non ho fatto nulla di speciale. L'unica cosa che ho pregato il signore di aiutarmi per poter aiutare, perché ho pensato se se tutti noi facciamo una piccola azione, questa piccola azione diventa grande e quel poco che noi riusciamo a aiutare sicuramente farà la differenza anche tempo. Quindi l'azione del cuore è quella che muove il mondo secondo me. Vi sto parlando anche dall'esplosione del Libano era nel 2020 anche lì avevo fatto qualcosa in piccolo diciamo. […] Dopodiché ho promesso di continuare e ho pensato che in Libano adesso la situazione è drammatica, soprattutto per le medicine, perché questo governo, non voglio parlare di politica, ma purtroppo abbiamo un governo che, veramente, il popolo libanese non merita. Perché il popolo libanese da sempre è stato un popolo pacifico. Già dai tempi dei Fenici non era un popolo conquistatore con le armi, ma era sempre un popolo di mercanti. Perciò mi sono mossa con l'aiuto di tante persone con grande cuore e sono riuscita a portare la prima volta le medicine in Libano come privato e in un secondo momento sono tornata dal Libano e promesso di non fermarmi qua, perché c'è tanta gente che veramente questa pillola, magari per malati cronici, significa che gli salvi la vita. Allora ho pensato che non devo fermarmi qua, anche se sono da sola, ma non devo fermarmi qua. Come vi dicevo quando uno ha intenzione buone e dal cuore tutto il mondo cospira che qualcosa deve succedere, deve accadere, quindi ringrazio molto Brescia, il sindaco di Brescia mi aiutato per poter aprire un'associazione Onlus che adesso si chiama terzo settore e siamo nel procinto di aprirla ci sarà anche Laure Keyrouz con me e tanti amici con grande cuore che condividono questo con me. L'associazione si chiamerà La speranza, non il ponte con il Libano come avevo pensato prima, perché penso che l'umanità debba essere per tutti. Chi deve fare del bene lo deve fare per tutti. Per noi adesso c'è il Libano che è ferito e la gente letteralmente sta morendo perché gli mancano le medicine, quindi stiamo raccogliendo sia medicine, sia fondi per aiutare le persone che non riescono a entrare in ospedale, magari per fare le analisi oppure qualsiasi cosa. Purtroppo non c'è un sistema che prima di entrare in ospedale si deve pagare in contanti. Il popolo libanese era un popolo benestante il problema è che anche lì le banche sono andate in default e quindi il popolo libanese non riesce accedere al loro denaro in banca. […]

Laure Keyrouz:

Volevo dire: benvenuto a tutti, anche quelli che sono nel salotto. Questi incontri sono nati con incontri di persona, cioè che ci vediamo, interagiamo e per fortuna adesso attraverso lo screen riusciamo anche andare al di là. […] Aldo Lo Curto è un amico molto caro che ho conosciuto i primi anni che ero qua a Venezia attraverso un'altra amica e l'ho conosciuto come medico volontario che lavorava tutto l'anno come medico di base, poi dedicava la sua vita andare in Amazzonia a curare nei posti proprio molto difficili da raggiungere. L’ho contattato appena tornati dal Libano che, come diceva Amal, si deve vivere le cose sulla propria pelle. […] Ha conosciuto Madre Teresa di Calcutta e ultimamente mi ha mandato un articolo molto interessante, immaginavo che sarebbe andato in Ucraina. Grazie ad Aldo ho potuto andare in estate a portare aiuti al mio villaggio e ho continuato a mandare aiuti. Come diceva Amal questo shock tornata dal Libano e non potendo più vivere là, va a sanare una ferita.

Aldo Lo Curto:

Ringrazio per l’invito. Mi scuso perché non ho moltissimo tempo a disposizione. Allora bisogna avere il dono della sintesi. Come dicevi tu Io sono un medico di famiglia che ha trascorso negli ultimi 40 anni sei mesi in Italia e sei mesi nei paesi chiamiamo in via di sviluppo. Sono circa una trentina i paesi dove io ho prestato servizio gratuito e purtroppo tra questi non c'è il Libano. Qual è stato il mio interesse verso il Libano, è stato quando è arrivata, siccome io sono anche un chirurgo plastico ricostruttivo, ho sempre operato lebbrosi nella mia esistenza di medico specialista, nel terzo mondo, quindi non in Italia, non chirurgia estetica. Arriva una a Milano, in uno degli ospedali più importanti di Milano viene portato dalla Croce Rossa Italiana, una signora libanese di religione musulmana, che durante un bombardamento degli israeliani al confine io credo che il Libano, scusate la mia ignoranza in geografia, ma credo che abbia un confine con Israele. Questa donna torna dopo che è caduta questa bomba sulla palazzina dove abitava, ha perso in un'unica giornata quattro figli e si era completamente spappolata la sua spalla, quindi la croce rossa, che allora aveva un corridoio umanitario dal Libano l'aveva portata a Milano e io poi conoscevo dei colleghi, mi hanno chiamato e quindi sono diventato amico della famiglia di questa donna perché è arrivata estremamente depressa, perché aveva perso in un colpo solo quattro figli. Una donna sui 40 anni che ha avuto poi il coraggio di fare ancora un nuovo figlio anche questo io l’ho apprezzato moltissimo e quindi siamo rimasti in contatto e io periodicamente l'aiuto, ho appena inviato un aiuto economico, lo faccio soprattutto nei periodi di ramadan. Nell’ambito di questa occasione mi aveva contattato il console del Libano, c’era la segretaria del consolato libanese a Milano, con cui avevamo iniziato un discorso per poter andare. Però quando io potevo andare c'è la guerra con la Siria. C’erano i siriani che bombardavano per cui io continuo a rinviare perché non ho mai operato in zone in cui c’è guerra. Questo è il mio principio. Cioè ho sempre operato nei paesi in cui c'è estrema povertà, ma non c’è guerra. Perché quando c’è  guerra una persona individuale come me può fare ben poco e quindi è un qualcosa che si disperde, secondo me, e che non può dare molti frutti, questo è un mio parere. Sono d'accordo con quello che diceva la signora prima, che poi ricalca quello che diceva Madre Teresa, però io non sono un grande sognatore. Distinguo due tipi di sognatori: chi sogna con la testa tra le nuvole e i piedi per terra e chi sogna con la testa tra le nuvole e i piedi pure tra le nuvole e allora è molto difficile che riesca a realizzare quello che vuole fare o il suo sogno. Per cui mi sembrava più utile aiutare il Libano pur non conoscendolo, aiutando libanesi in Italia. Ho apprezzato molto poi la regione da cui tu provieni in cui è nato, se non ricordo male, ha vissuto Kahlil Gibran e allora quando tu mi hai detto non ci sono assolutamente farmaci, cuciono i bambini quando si feriscono senza anestesia, allora poi mi sono attivato e ho raccolto farmaci non scaduti e nemmeno iniziati, sono confezioni intere, che porto periodicamente a te, oppure se vuoi, visto che Brescia è più vicino, a questa diciamo signora che vuole fondare un'associazione a Brescia, basta solo darmi i dati io posso portare periodicamente durante l'anno i farmaci. Riguardo al discorso dell’Ucraina, dopo tre settimane, quando ho visto che c’erano decine di persone che partivano, era finito il lockdown e allora è come se io mi fossi svegliato da un letargo che durava due anni. Perché io per due anni ho fatto volontariato in Italia andando ad aiutare associazioni umanitarie in Sicilia, io sono di origine siciliana. Che cosa è successo, ho incontrato casualmente un mio amico infermiere, che mi detto io ho deciso di andare lì a portare medicinali. Allora li raccolgo anche io. Lui mi ha messo in contatto con una mia ex paziente, che era della Polonia, polacca, e abita a 10 km da un paese che è un posto di confine a 10 Km tra Polonia e Ucraina. Per cui, praticamente, noi un venerdì sera siamo partiti come dei fuorilegge perché avevamo la macchina piena di farmaci non avevamo nemmeno un documento che fosse una ricevuta, una dimostrazione che questi farmaci erano stati comprati, per cui l'unica cosa che avevamo erano due articoli di giornale che parlavano di questo nostro viaggio umanitario e avevamo messo sulle sugli scatoloni la bandiera dell'Ucraina, sperando di non avere problemi. Siamo partiti di notte di venerdì, siamo arrivati il giorno dopo attraversando: Austria, Repubblica Ceca e Polonia, fino arrivare quasi al confine e lì abbiamo incontrato una fondazione. Abbiamo avuto il piacere di incontrare dei volontari che sono degli eroi perché tutte le mattine lo attraversano il confine e vanno Leopoli che è a 15-20 km. Attraversano l'accerchiamento dei russi, perché ci sono dei corridoi umanitari e consegnano ai civili i medicinali e cibo. Abbiamo raccolto anche €2000, che abbiamo donato. Loro hanno fatto una regolare ricevuta e che io poi ho mostrato ai media […] Uno dei familiari di questa mia ex paziente era dura un funzionario della dogana ci ha portato il momento Ghana è ancora in auto che ci ha stupito perché era una cosa di km di automobili che andavano dalla Polonia verso l'Ucraina. Ok che vivono in Polonia avevano due  in cui abbiamo raccolto i fondi e loro hanno detto se lei ce li da noi possiamo comprare più cibo nelle ditte che lo fabbricano, piuttosto che comprarlo al supermercato. Quindi è stata solo una consegna, siamo andati, ci siamo fermati una notte. Il giorno dopo lui ha voluto uno dei familiari di questa mia ex paziente che era addirittura una funzionario della dogana. Ci ha portato proprio in dogana e abbiamo trovato una coda enorme di auto che ci ha stupito perché era una coda di 1 Km di coda che andava dalla Polonia all’Ucraina in piena guerra. Ho chiesto come mai queste auto stanno andando dove ci sono le bombe, e il doganiere ha detto questi sono ucraini che vivono in Polonia, avevano due auto e ne stanno donando una al governo, perché i russi hanno distrutto tutte le auto, io sono rimasto stupito anche per l’altruismo e il patriottismo di queste di queste persone. Tra l'altro perdevano ore e ore nella coda perché nel donare l'auto, la dogana ucraina controllava bene che non fossero auto che erano state rubate, quindi c'era parecchio da aspettare per vedere questa documentazione fosse regolare. Questa è la mia brevissima esperienza in Polonia in favore dell’Ucraina. Molte volte io nel corso della mia vita, diciamo di volontario, a titolo individuale, pur non avendo visitato un paese ho aiutato a distanza. Molte volte penso che questo è uno dei modi anche per aiutare. Faccio un esempio sto facendo studiare un ragazzo in Madagascar, però manco da 2 anni, però continuo a sponsorizzarlo. Secondo me ci sono decine di modi per aiutare, non è necessario fare quello che faccio io, o quello che fate voi. Se noi andiamo un po' fuori argomento e parliamo di volontariato, di farsi prossimo, di altruismo è sufficiente anche non fare nulla per fare volontariato. Io conosco persone che non fanno nulla, però ha lasciato scritto che quando muoiono doneranno i loro organi. Termino con una speranza perché per me la pace e la guerra ci saranno sempre, la storia è un  susseguirsi di pace e guerra quindi è inutile illudersi che la pace avrà il sopravvento, però noi almeno siamo tra quelli che tifano per la pace. Ricorderò sempre ad un convegno di cardiologia che qualcuno dei relatori, un farmacista ha raccontato che un palestinese era